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Subito dopo la laurea prestò servizio come medico condotto a Porto Longone (l'attuale Porto Azzurro) nell'Isola d'Elba. Il primo incarico da psichiatra lo ebbe nel manicomio di Ferrara, dove fu medico assistente dal 1890 al 1891. Dallo stesso anno e fino al 1904 lavorò presso l'Ospedale psichiatrico di Macerata, ricoprendo anche la carica di vicedirettore. Qui strinse uno stretto e proficuo rapporto con il direttore Enrico Morselli.
La sua attività scientifica fu intensa, soprattutto durante gli anni passati a Macerata. Si interessò di edilizia e tecnica ospedaliera, di igiene e profilassi delle malattie mentali, di prevenzione sociale in relazione a pellagra, alcoolismo e poliomelite, oltreché di antropologia, psichiatria forense e neurologia. Collaborò all'Enciclopedia medica italiana edita da Vallardi e curò la parte dedicata alla pellagra nel Trattato di medicina diretto da Jean-Martin Charcot, Charles Jacques Bouchard e Édouard Brissoud. Nel 1900 pubblicò il manuale Hoepli L'assistenza dei pazzi nel manicomio e nella famiglia. Alla produzione scientifica affiancò pubblicazioni dedicate alla formazione dei medici e del personale paramedico, cercando di colmare il vuoto del sistema formativo italiano in tali settori.
Conseguita la libera docenza in psichiatria e clinica psichiatrica presso l'Università di Roma nel 1903, l'anno successivo, in seguito a pubblico concorso, assunse la direzione dell'Ospedale psichiatrico di Arezzo, carica che mantenne fino al 1950, anno del pensionamento, salvo sei mesi passati a dirigere il manicomio di Siena nel 1909.
Durante la sua direzione l'asilo aretino fu rinnovato radicalmente, nei saperi e nelle pratiche. Sostenitore del metodo open door, a partire dal 1906 abolì ogni forma di contenzione nei reparti dell'ospedale (seguendo il sistema no restraint) e dall'anno successivo diede avvio ad attività ergoterapiche, formando "gruppi clinici" costituiti da due o tre pazienti impiegati in varie attività lavorative e seguiti dal personale ospedaliero. Al fine di favorire il recupero sociale del malato di mente in una prospettiva psicoterapica, facilitò la vita in comune dei degenti. Dal 1911 intraprese in maniera sistematica la pratica dell'affido alla custodia domestica dei "fatui" e dei "tranquilli", non solo omo o eterofamiliare, ma anche mista. Quest'ultima, conosciuta come "metodo Pieraccini", prevedeva che il paziente affidato in custodia potesse lavorare presso l'istituto ospedaliero in cambio di un compenso.
Per sua volontà nel 1926 fu istituita una Sezione neurologica annessa al manicomio, ma indipendente. Al suo interno, oltre a curare le malattie nervose, era possibile effettuare ricoveri e visite ambulatoriali neuropsichiatriche, svincolate dalla legge sui manicomi e gli alienati del 1904 e dall'annesso regolamento del 1909. L'asilo aretino si trasformò così in ospedale neuropsichiatrico provinciale, esempio seguito da molte altre province italiane.
Al lavoro di neuropsichiatra e alla ricerca scientifica, affiancò per tutta la vita un'intensa attività politica, sulla quale esercitò notevole influenza il fratello Gaetano, di un anno più grande e anch'egli medico. Dal 1902 si avvicinò al Partito socialista. Fu consigliere comunale ad Arezzo dal 1911 al 1912 e dal 1920 al 1924, anno di scioglimento del consiglio. Molto attivo nella propaganda e con grande seguito fra le masse rurali delle campagne, durante gli anni del fascismo, segnalato come socialista e oppositore, subì la violenza squadrista e fu sottoposto a continua vigilanza. In quanto non iscritto al Partito fascista, nel 1941 fu collocato forzatamente in pensione. Su richiesta della provincia di Arezzo fu però trattenuto in servizio, ma con lo stipendio decurtato e la qualifica di avventizio e interino, seppur continuasse a svolgere le mansioni di direttore. Fu reintegrato nel ruolo solo nel 1946.
Alla caduta del regime fascista, nel luglio 1943, fu tra i promotori della ripresa socialista e nel settembre aderì al Comitato provinciale di concentrazione antifascista. Nel luglio 1944, subito dopo la liberazione della città di Arezzo, fece parte della giunta comunale designata dal Comitato di liberazione nazionale. Dal 1946 e per dieci anni fu di nuovo consigliere comunale socialista ad Arezzo.
Matteo Fiorani
06/08/2013
Biagianti, I. (1979). Pieraccini Arnaldo. In F. Andreucci e T. Detti (a cura di), Il movimento operaio italiano: dizionario biografico, 1853-1943 (vol. 4, pp. 139-142). Roma: Editori Riuniti.
Biagianti, I., Manneschi, M. (1980). Luigi Mascagni e Arnaldo Pieraccini nel socialismo aretino. Città & Regione, 6(5), 216-227.
Cini, A. (2004). Arnaldo Pieraccini (1865-1957), precursore di una nuova psichiatrica. In L. Berti (a cura di). Protagonisti del Novecento aretino (pp. 143-160). Firenze: Olschki.
Gherardi, S. (2008). Pieraccini Arnaldo. In Dizionario biografico degli aretini (1900-1950), disponibile on-line (consultato il 29 luglio 2013).
Gradassi, E. (2002). Arnaldo Pieraccini psichiatra e socialista. Storia e problemi contemporanei, 31, 27-44.
Martini, F. (1957). Arnaldo Pieraccini (1865-1957). Note e riviste di psichiatria, 50(1), 227-229.
Gherardi, S., Montani, P. (2004). Carte Arnaldo Pieraccini. In Inventario dell'archivio storico dell'Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo (pp. 115-117). Montepulciano: Editrice Le Balze.
Biografia
Appartenente ad una famiglia della media borghesia toscana di tradizione medica, conseguì la maturità classica in un liceo di Siena. Iniziati gli studi universitari a Pisa, nel 1888 si laureò in medicina e chirurgia presso l'Istituto di studi superiori di Firenze.Subito dopo la laurea prestò servizio come medico condotto a Porto Longone (l'attuale Porto Azzurro) nell'Isola d'Elba. Il primo incarico da psichiatra lo ebbe nel manicomio di Ferrara, dove fu medico assistente dal 1890 al 1891. Dallo stesso anno e fino al 1904 lavorò presso l'Ospedale psichiatrico di Macerata, ricoprendo anche la carica di vicedirettore. Qui strinse uno stretto e proficuo rapporto con il direttore Enrico Morselli.
La sua attività scientifica fu intensa, soprattutto durante gli anni passati a Macerata. Si interessò di edilizia e tecnica ospedaliera, di igiene e profilassi delle malattie mentali, di prevenzione sociale in relazione a pellagra, alcoolismo e poliomelite, oltreché di antropologia, psichiatria forense e neurologia. Collaborò all'Enciclopedia medica italiana edita da Vallardi e curò la parte dedicata alla pellagra nel Trattato di medicina diretto da Jean-Martin Charcot, Charles Jacques Bouchard e Édouard Brissoud. Nel 1900 pubblicò il manuale Hoepli L'assistenza dei pazzi nel manicomio e nella famiglia. Alla produzione scientifica affiancò pubblicazioni dedicate alla formazione dei medici e del personale paramedico, cercando di colmare il vuoto del sistema formativo italiano in tali settori.
Conseguita la libera docenza in psichiatria e clinica psichiatrica presso l'Università di Roma nel 1903, l'anno successivo, in seguito a pubblico concorso, assunse la direzione dell'Ospedale psichiatrico di Arezzo, carica che mantenne fino al 1950, anno del pensionamento, salvo sei mesi passati a dirigere il manicomio di Siena nel 1909.
Durante la sua direzione l'asilo aretino fu rinnovato radicalmente, nei saperi e nelle pratiche. Sostenitore del metodo open door, a partire dal 1906 abolì ogni forma di contenzione nei reparti dell'ospedale (seguendo il sistema no restraint) e dall'anno successivo diede avvio ad attività ergoterapiche, formando "gruppi clinici" costituiti da due o tre pazienti impiegati in varie attività lavorative e seguiti dal personale ospedaliero. Al fine di favorire il recupero sociale del malato di mente in una prospettiva psicoterapica, facilitò la vita in comune dei degenti. Dal 1911 intraprese in maniera sistematica la pratica dell'affido alla custodia domestica dei "fatui" e dei "tranquilli", non solo omo o eterofamiliare, ma anche mista. Quest'ultima, conosciuta come "metodo Pieraccini", prevedeva che il paziente affidato in custodia potesse lavorare presso l'istituto ospedaliero in cambio di un compenso.
Per sua volontà nel 1926 fu istituita una Sezione neurologica annessa al manicomio, ma indipendente. Al suo interno, oltre a curare le malattie nervose, era possibile effettuare ricoveri e visite ambulatoriali neuropsichiatriche, svincolate dalla legge sui manicomi e gli alienati del 1904 e dall'annesso regolamento del 1909. L'asilo aretino si trasformò così in ospedale neuropsichiatrico provinciale, esempio seguito da molte altre province italiane.
Al lavoro di neuropsichiatra e alla ricerca scientifica, affiancò per tutta la vita un'intensa attività politica, sulla quale esercitò notevole influenza il fratello Gaetano, di un anno più grande e anch'egli medico. Dal 1902 si avvicinò al Partito socialista. Fu consigliere comunale ad Arezzo dal 1911 al 1912 e dal 1920 al 1924, anno di scioglimento del consiglio. Molto attivo nella propaganda e con grande seguito fra le masse rurali delle campagne, durante gli anni del fascismo, segnalato come socialista e oppositore, subì la violenza squadrista e fu sottoposto a continua vigilanza. In quanto non iscritto al Partito fascista, nel 1941 fu collocato forzatamente in pensione. Su richiesta della provincia di Arezzo fu però trattenuto in servizio, ma con lo stipendio decurtato e la qualifica di avventizio e interino, seppur continuasse a svolgere le mansioni di direttore. Fu reintegrato nel ruolo solo nel 1946.
Alla caduta del regime fascista, nel luglio 1943, fu tra i promotori della ripresa socialista e nel settembre aderì al Comitato provinciale di concentrazione antifascista. Nel luglio 1944, subito dopo la liberazione della città di Arezzo, fece parte della giunta comunale designata dal Comitato di liberazione nazionale. Dal 1946 e per dieci anni fu di nuovo consigliere comunale socialista ad Arezzo.
Matteo Fiorani
06/08/2013
Bibliografia
Benvenuti, M. (1957). Profili di neuropsichiatri. Arnaldo Pieraccini. Rivista di neurobiologia, 3(2), 321-339.Biagianti, I. (1979). Pieraccini Arnaldo. In F. Andreucci e T. Detti (a cura di), Il movimento operaio italiano: dizionario biografico, 1853-1943 (vol. 4, pp. 139-142). Roma: Editori Riuniti.
Biagianti, I., Manneschi, M. (1980). Luigi Mascagni e Arnaldo Pieraccini nel socialismo aretino. Città & Regione, 6(5), 216-227.
Cini, A. (2004). Arnaldo Pieraccini (1865-1957), precursore di una nuova psichiatrica. In L. Berti (a cura di). Protagonisti del Novecento aretino (pp. 143-160). Firenze: Olschki.
Gherardi, S. (2008). Pieraccini Arnaldo. In Dizionario biografico degli aretini (1900-1950), disponibile on-line (consultato il 29 luglio 2013).
Gradassi, E. (2002). Arnaldo Pieraccini psichiatra e socialista. Storia e problemi contemporanei, 31, 27-44.
Martini, F. (1957). Arnaldo Pieraccini (1865-1957). Note e riviste di psichiatria, 50(1), 227-229.
Gherardi, S., Montani, P. (2004). Carte Arnaldo Pieraccini. In Inventario dell'archivio storico dell'Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo (pp. 115-117). Montepulciano: Editrice Le Balze.