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I servizi fiorentini non manicomiali si dislocarono sempre più sul territorio provinciale, dal Chianti alla Val d’Elsa, fino al Mugello; e si realizzarono collaborazioni tra vari specialisti: psicologi e psichiatri, tra cui qualcuno anche con formazione psicoanalitica, medici del lavoro, genetisti, assistenti sanitarie e sociali. A partire dal 1954-55 il Centro avviò anche attività nelle scuole elementari di Firenze e provincia. In collaborazione con altri istituti cittadini e con l’Istituto di psicologia dell’Università, il Centro di igiene mentale si occupò di minori fino al 1963, quando la Provincia istituì un servizio autonomo denominato Istituto medico pedagogico. Nuovo direttore dell’Ospedale psichiatrico “Vincenzo Chiarugi” e del Centro dal 1957 era Mario Nistri.
Dalla metà degli anni Cinquanta si strinsero legami anche con istituzioni psichiatriche private. Presso la Casa di cura neuropsichiatrica Villa dei Pini, fu aperta un’apposita struttura per paganti collegata al “Chiarugi” (chiamata Casa verde), dove il direttore dell’Ospedale psichiatrico si recava settimanalmente per visitare i degenti.
Nel 1959 Firenze fu scelta come sede del IV Congresso nazionale della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, dove si chiese con forza la riforma della legislazione psichiatrica italiana, ormai vecchia di quasi sessant’anni.
Negli anni Sessanta la psichiatria iniziava a concepire l’intervento psichiatrico territoriale in alternativa all’istituzione manicomiale, come rottura e negazione di essa. Aprirsi alla comunità fu una vera e propria scoperta della realtà metropolitana e rurale: case famiglia, ambulatori, “laboratori protetti” erano il più possibile inseriti nel tessuto sociale. Con la costituzione di equipe multiprofessionali ci si recava direttamente nelle case per le visite domiciliari e nelle comunità per contattare gli amministratori.
Intanto nel 1964, per iniziativa di Franco Mori, uno psichiatra con formazione psicoanalitica, all’Ospedale psichiatrico “Chiarugi” era nata "La Tinaia": centro di attività espressive dove i degenti e gli ex ricoverati dipingevano e lavoravano la ceramica, e soprattutto si incontravano in un contesto informale, nel quale la separazione con medici e infermieri era meno rigida. Dal 1965 Mori sarebbe stato tra i fondatori del periodico Assistenza psichiatrica e vita sociale.
Nel 1968 – quando uscirono l’Istituzione negata a cura di Franco Basaglia e la traduzione sua e di Franca Ongaro Basaglia di Asylum di Goffman –, con la legge 431 il ministro della sanità Luigi Mariotti dispose la possibilità del ricovero volontario accanto al coatto, e l’assunzione di un medico igienista e di uno psicologo in ogni ospedale psichiatrico. I primi psicologi arrivarono al manicomio di San Salvi solo nel 1975, previo concorso nazionale che ne assunse 11 per le 19 zone in cui era organizzata l’assistenza psichiatrica sul territorio provinciale fiorentino dal 1973. Erano laureati soprattutto in filosofia, come Gioia Gorla (però a Milano con Cesare Musatti), o in scienze politiche, o in pedagogia – il corso di laurea in psicologia era stato appena istituito, e non a Firenze –, spesso orientati alle idee della cosiddetta antipsichiatria.
Il processo di superamento del sistema asilare fu disorganico, non coordinato, ma certo non improvviso. In ordine sparso, con luoghi non manicomiali di cura e assistenza funzionanti, Firenze arrivò alla legge 180 del 1978 che sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici (e servirono altri venti anni per arrivare allo scopo) e la territorializzazione dei servizi.
In una delle palazzine di San Salvi, dov’era stato il vecchio manicomio “Chiarugi”, nel 2009 si sarebbe trasferito il Dipartimento di psicologia annesso alla Facoltà di Firenze istituita nel 2001, entrambi superati nel 2012 dall’applicazione della riforma universitaria.
Matteo Fiorani
30/12/2015
Gorla, G. (2009). Prima e dopo la legge 180: una psicologa in manicomio, Setting, 28, 41-60.
Guarnieri, P. (1998). I rapporti tra psichiatria e psicologia in Italia. In Cimino, G. & Dazzi, N. (a cura di). La psicologia in Italia. I protagonisti e i problemi scientifici, filosofici e istituzionali (1870-1945) (pp. 581-608). Milano: Ed. Universitarie.
Fonti a stampa
Mori, F. (1968). La riabilitazione in Tinaia. Assistenza psichiatrica e vita sociale, 1-2, 16-26.
Note statistico-cliniche sull’assistenza pubblica non coattiva ai malati di mente in Italia (1937). Atti della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, 15.
Parrini, A. (a cura di) (1980). Sansalviventanni. Dal manicomio alla psichiatria nella riforma. Firenze: Amministrazione provinciale.
Con i nuovi trattamenti psicofarmacologici introdotti dopo il 1952, le degenze manicomiali divennero più brevi e più numerose le dimissioni. I Centri di igiene mentale si rafforzavano anche grazie agli operatori più qualificati. A Firenze si formavano nella Scuola di servizio sociale, con corso biennale e tirocinio per assistenti sociali dal 1949-50, e nei Centri di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva (CEMEA) nati nel 1951.
I servizi fiorentini non manicomiali si dislocarono sempre più sul territorio provinciale, dal Chianti alla Val d’Elsa, fino al Mugello; e si realizzarono collaborazioni tra vari specialisti: psicologi e psichiatri, tra cui qualcuno anche con formazione psicoanalitica, medici del lavoro, genetisti, assistenti sanitarie e sociali. A partire dal 1954-55 il Centro avviò anche attività nelle scuole elementari di Firenze e provincia. In collaborazione con altri istituti cittadini e con l’Istituto di psicologia dell’Università, il Centro di igiene mentale si occupò di minori fino al 1963, quando la Provincia istituì un servizio autonomo denominato Istituto medico pedagogico. Nuovo direttore dell’Ospedale psichiatrico “Vincenzo Chiarugi” e del Centro dal 1957 era Mario Nistri.
Dalla metà degli anni Cinquanta si strinsero legami anche con istituzioni psichiatriche private. Presso la Casa di cura neuropsichiatrica Villa dei Pini, fu aperta un’apposita struttura per paganti collegata al “Chiarugi” (chiamata Casa verde), dove il direttore dell’Ospedale psichiatrico si recava settimanalmente per visitare i degenti.
Nel 1959 Firenze fu scelta come sede del IV Congresso nazionale della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, dove si chiese con forza la riforma della legislazione psichiatrica italiana, ormai vecchia di quasi sessant’anni.
Negli anni Sessanta la psichiatria iniziava a concepire l’intervento psichiatrico territoriale in alternativa all’istituzione manicomiale, come rottura e negazione di essa. Aprirsi alla comunità fu una vera e propria scoperta della realtà metropolitana e rurale: case famiglia, ambulatori, “laboratori protetti” erano il più possibile inseriti nel tessuto sociale. Con la costituzione di equipe multiprofessionali ci si recava direttamente nelle case per le visite domiciliari e nelle comunità per contattare gli amministratori.
Intanto nel 1964, per iniziativa di Franco Mori, uno psichiatra con formazione psicoanalitica, all’Ospedale psichiatrico “Chiarugi” era nata "La Tinaia": centro di attività espressive dove i degenti e gli ex ricoverati dipingevano e lavoravano la ceramica, e soprattutto si incontravano in un contesto informale, nel quale la separazione con medici e infermieri era meno rigida. Dal 1965 Mori sarebbe stato tra i fondatori del periodico Assistenza psichiatrica e vita sociale.
Nel 1968 – quando uscirono l’Istituzione negata a cura di Franco Basaglia e la traduzione sua e di Franca Ongaro Basaglia di Asylum di Goffman –, con la legge 431 il ministro della sanità Luigi Mariotti dispose la possibilità del ricovero volontario accanto al coatto, e l’assunzione di un medico igienista e di uno psicologo in ogni ospedale psichiatrico. I primi psicologi arrivarono al manicomio di San Salvi solo nel 1975, previo concorso nazionale che ne assunse 11 per le 19 zone in cui era organizzata l’assistenza psichiatrica sul territorio provinciale fiorentino dal 1973. Erano laureati soprattutto in filosofia, come Gioia Gorla (però a Milano con Cesare Musatti), o in scienze politiche, o in pedagogia – il corso di laurea in psicologia era stato appena istituito, e non a Firenze –, spesso orientati alle idee della cosiddetta antipsichiatria.
Il processo di superamento del sistema asilare fu disorganico, non coordinato, ma certo non improvviso. In ordine sparso, con luoghi non manicomiali di cura e assistenza funzionanti, Firenze arrivò alla legge 180 del 1978 che sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici (e servirono altri venti anni per arrivare allo scopo) e la territorializzazione dei servizi.
In una delle palazzine di San Salvi, dov’era stato il vecchio manicomio “Chiarugi”, nel 2009 si sarebbe trasferito il Dipartimento di psicologia annesso alla Facoltà di Firenze istituita nel 2001, entrambi superati nel 2012 dall’applicazione della riforma universitaria.
Matteo Fiorani
30/12/2015
Bibliografia
Fiorani, M. (2012). Follia senza manicomio. Assistenza e cura ai malati di mente nell’Italia del secondo Novecento. Napoli: Edizioni scientifiche italiane.Gorla, G. (2009). Prima e dopo la legge 180: una psicologa in manicomio, Setting, 28, 41-60.
Guarnieri, P. (1998). I rapporti tra psichiatria e psicologia in Italia. In Cimino, G. & Dazzi, N. (a cura di). La psicologia in Italia. I protagonisti e i problemi scientifici, filosofici e istituzionali (1870-1945) (pp. 581-608). Milano: Ed. Universitarie.
Fonti a stampa
Mori, F. (1968). La riabilitazione in Tinaia. Assistenza psichiatrica e vita sociale, 1-2, 16-26.
Note statistico-cliniche sull’assistenza pubblica non coattiva ai malati di mente in Italia (1937). Atti della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, 15.
Parrini, A. (a cura di) (1980). Sansalviventanni. Dal manicomio alla psichiatria nella riforma. Firenze: Amministrazione provinciale.