La custodia domestica dei malati di mente nella provincia di Firenze (1866-1938)

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Quasi quarant’anni prima delle Disposizioni sui manicomi e gli alienati (1904), nel 1866 a Firenze era iniziato un esperimento di assistenza familiare dei malati di mente che sarebbe durato decenni. L’aveva promosso la neocostituita Provincia, che aveva anche la gestione degli alienati. Con la custodia domestica, i ricoverati cosiddetti “fatui” e “innocui” che potevano essere ricollocati nella loro famiglia – cui spettava un sussidio, se di certificata povertà – dal manicomio venivano dimessi e seguiti con periodiche visite di controllo. Alternativa alla gestione asilare, eppure connessa, la pionieristica esperienza fiorentina era segnalata da Augusto Tamburini, Cesare Lombroso e altri illustri psichiatri, come un modello da imitare per ragioni terapeutiche.
Al manicomio cittadino Bonifazio, il direttore Francesco Bini era favorevole ad affidare gli “innocui” e i “tranquilli” alle famiglie. Ma per sfollare l’asilo dei mentecatti si pensò di ricorrere anche ad altri istituti. La Provincia stipulò accordi e convenzioni con la Pia Casa di lavoro di Firenze – per l’ammissione di alcuni “mentecatti innocui” –, almeno dal 1872, e con gli Ospedali riuniti di San Miniato (allora provincia fiorentina) dove nel 1886 fu istituita una “Sezioni dementi”. La pratica si sarebbe diffusa e protratta in istituti convenzionati (negli anni Venti del Novecento, per esempio, all’Ospedale San Pietro Igneo di Fucecchio con il reparto delle “tranquille”).
Con le politiche extramanicomiali gli amministratori miravano soprattutto al risparmio, e difatti i sussidi alle famiglie in custodia domestica o le rette agli altri istituti erano sempre inferiori alla retta che la Provincia pagava per i poveri ricoverati in manicomio. Al Manicomio “Chiarugi”, dal 1895, il direttore Eugenio Tanzi esigeva però che per l’affido fossero rispettati certi requisiti, senza i quali lui negava la necessaria autorizzazione. Il suo successore Paolo Amaldi invece cercò di diffondere il modello eterofamiliare di custodia domestica, rispetto a quello omofamiliare praticato a Firenze, che rimase comunque il prevalente.
Per meglio controllare il comportamento delle famiglie affidatarie, nel 1906-08 il Comune di Firenze incaricò un’associazione filantropica femminile di effettuare delle visite domiciliari in città. Bice Cammeo, segretaria dell’Ufficio di indicazioni e di assistenza, fece un lavoro scrupoloso di osservazione e interviste tramite questionari. Il numero degli affidi continuò ad aumentare: nel 1911 le statistiche ne contavano 909 nella provincia fiorentina, tra cui malati che non erano mai stati ricoverati.
Durante e dopo la prima guerra mondiale il budget per il servizio diminuì drasticamente e con il fascismo aumentò ovunque la popolazione manicomiale. Per risparmiare, gravando sempre più sulle famiglie, i sussidi erano ridotti, le visite mediche di controllo meno frequenti, non più a domicilio ma presso il manicomio. Quando ad Amaldi nel 1937 successe Gino Simonelli, questi concordò con il prefetto misure restrittive della custodia domestica, proponendo persino che il requisito di pericolosità valesse non solo per il ricovero in manicomio, come già prescritto dalla legge 36 del 1904, ma anche per l’affido in famiglia dei ricoverati.
D’altra parte, per i malati psichiatrici mai istituzionalizzati, nel 1938 fu inaugurato a Firenze un Centro di igiene e profilassi mentale, in via Andrea del Sarto n. 4, accanto ma indipendente dall’ospedale psichiatrico. Centri del genere in Italia erano ormai una trentina. La modernizzazione della custodia domestica, e le tematiche della psicoigiene, ma anche la pratica dell’elettroshock aprivano nuovi scenari.

Patrizia Guarnieri
30/12/2015
 

Bibliografia

Guarnieri, P. (2005). Madness in the Home: Family Care and Welfare Policies in Italy before Fascism. In M. Gijswijt-Hofstra, H., Oosterhuis, J., Vijselaar & Freeman H. (eds.). Psychiatric Cultures Compared. Psychiatry and Mental Health Care in the Twentieth Century (pp. 312-328). Amsterdam: Amsterdam University Press.
Guarnieri, P. (2007). Matti in famiglia. Custodia domestica e manicomio nella provincia di Firenze (1866-1938). Studi storici, 2, 477-521.
 
Fonti a stampa
Focardi, N. (1890). Spedali riuniti di S. Miniato: Relazione. San Miniato: Tip. di Massimo Ristori.
Linaker, A. (1907). La Pia Casa di Lavoro e le Opere Pie annesse dall’anno 1896 al 1906. Relazione di Arturo Linaker presidente del consiglio d’amministrazione. Firenze: Stab. Tip. pei minorenni corrigendi di G. Ramella & C.
Tamburini A. (1904). Le urgenti riforme nell’assistenza degli alienati in Italia, discorso inaugurale del XII congresso freniatrico italiano in Genova (18 ottobre 1904). Reggio Emilia: Tip. Calderoni e F.
 

Fonti archivistiche

Archivio di Stato di Firenze, Archivio dell’Ospedale psichiatrico “Vincenzo Chiarugi”, Commissione amministratrice del manicomio, dal 1866 al 1938 (nella serie mancano le filze dal 1885 al 1916). L’archivio è stato depositato nel 2011 ed è in attesa di riordino.
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