Lettera del giornalista e sociologo Camillo Pellizzi (1896-1979) al prozio Giulio Cesare Ferrari (4)

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C. Pellizzi
15.I.'26

Caro Zio [1],
Questa volta ho tardato a rispondere. La tua ultima mi ha raggiunto mentre ero, per due giorni, a Milano; poi son partito, e sono arrivato qui il giorno 11 corr[ente] con influenza e febbre. Salvo complicazioni, me la son cavata con due o tre giorni di letto, e ora convalesco.
Ti sono assaissimo grato di quanto hai fatto, e per nulla scontento dell'esito. Ti dirò che dall'ultima mia ad ora ho sviluppato il lavoro [2], sulla carta e nella testa, e ho visto anch'io l'errore del primo progetto. La cosa sarà dunque di proporzioni minori, ma organica, come la vuole il Franchi, e formante unità. Elimino gli studi inglesi, e quelli italiani li sviluppo su questo schema:
Ia parte: Da Carducci a noi: specie di compte rendu panoramico dei movimenti letterari e culturali che portano a noi, a partire dalla cultura e dai problemi del Carducci.
IIa parte: Viventi: le tesi accennate nella prima parte, qui trovano esemplificazioni: Panzini, Papini, Pirandello, Rosso di san Secondo, G. Volpe, e forse un altro o due.
IIIa parte: conclusioni critiche generali sulla cultura letteraria italiana dei giorni nostri.
La tesi generale è questa, per dirla molto all'in grosso: che il Carducci rappresenta l'ultimo prodotto decadente di una scuola letteraria tradizionale ed antica, e che oggidì siamo in periodo di assoluta barbarie, ossia (forse) di rinnovamento sotterraneo. Ma anche questa barbarie non è una pagina bianca e mi sforzo di indagarne i caratteri. Ognuno degli studi su singoli autori viventi presenta un certo rovesciamento di opinioni diffuse e correnti.
Il mio ultimo libro sul fascismo (Alpes, Milano) [3] ha fatto qualche impressione fra quei pochi che s'interessano a queste cose. Salutami molto il prof. Galletti [4] quando lo vedi, e domandagli se gli posso mandare qualche mia pubblicazione.
Grazie di nuovo, e saluti e auguri carissimi a te e a tutti i tuoi.
Camillo

P.S. Per l'articolo [5], data la malattia, dovresti concedermi… una dilazioncella… Tuo C.P.

[1] Ferrari era in realtà il prozio di Camillo Pellizzi, il quale era figlio dello psichiatra Giovanni Battista Pellizzi e di Amelia Sarteschi. Quest'ultima era a sua volta figlia della sorella di Ferrari, Selene, e di Giovanni Battista Sarteschi.
[2] Camillo Pellizzi, Le lettere italiane del nostro secolo, Milano, Libreria d'Italia, 1929.
[3] Camillo Pellizzi, Fascismo-aristocrazia, Milano, Alpes, 1925.
[4] Lo storico della letteratura italiana Alfredo Galletti (1872-1962).
[5] L'articolo per la «Rivista di psicologia» di cui parlava nella lettera precedente, La persuasione nel processo scientifico.
 
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