Lettera del giornalista e sociologo Camillo Pellizzi (1896-1979) al prozio Giulio Cesare Ferrari (2)

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20, York Buildings, Adelphi, / London, W.C.2 / Telephone: Regent 5480
 
Da Pisa, via S. Giuseppe 18, 25 dicembre 1925

Caro Zio [1],
Son qui, ma legato alla casa, dei miei, e a vari lavori da spingere avanti. Nessuna speranza, in vista, di una mia gita a Bologna. Forse sarà per Pasqua. Oltre gli auguri, miei e collegialmente della mia famiglia, per te e i tuoi, ho da dirti tre cose:
I) Hai notizie della Rubasceff [2]? Aveva promesso di porsi al lavoro e far presto; ma ho perso contatto con lei.
II) Ti gioverebbe per la tua Rivista un articolo su "La rettorica e la scienza"? Fa parte di certe cose che vado elaborando ora, ed è un'indagine sul processo di persuasione insito nel lavoro scientifico.
III) Avrò pronto fra non molto un lavoro, un volumetto di saggi critici, da Carducci e Pirandello, inchiudente anche vari inglesi meno noti in Italia. Nel libro c'è anche qualcosa che potrebbe far rumore, se lanciato bene, trattandosi di revisioni radicali di molti giudizi correnti su vari autori. Naturalmente non me ne attendo alcun guadagno, ma mi piacerebbe pubblicarlo bene, anche per ragioni professionali. Potresti abbordare in proposito lo Zanichelli? Il Vallecchi, che ha pubblicato altra roba mia, non mi sembra in tono col genere del lavoro.
Scusami questa mia, ma mi faresti un immenso servizio se tu riuscissi. Potresti mettere in evidenza che il mio nome, sia pur solo attraverso la mia opera giornalistica, non è più del tutto ignoto.
Io conto rimaner qui fin verso il 6 gennaio; dopo, puoi indirizzare a Londra.
Tuo caramente
Camillo Pellizzi
 
[1] Ferrari era in realtà il prozio di Camillo Pellizzi, il quale era figlio dello psichiatra Giovanni Battista Pellizzi e di Amelia Sarteschi. Quest'ultima era a sua volta figlia della sorella di Ferrari, Selene, e di Giovanni Battista Sarteschi.
[1] Elisabetta Rubasceff, autrice, qualche anno più tardi, del volume La Russia tra due regimi, Milano, Alpes, 1929.
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