Lettera del giornalista e sociologo Camillo Pellizzi (1896-1979) al prozio Giulio Cesare Ferrari (1)

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C. Pellizzi Forte dei Marmi (Lucca), 16 agosto 1925

Caro Zio [1],
grazie dei giornali e estratti. Cose tutte interessantissime. Le ho passate al Gentile [2], accennando all'opera che tu svolgi, alle difficoltà che incontri, alla possibilità di ampliare queste opere con una più sana attività degli organi centrali romani. Ma ho dovuto tenermi nel generico; devi dunque tornare tu un giorno, e parlargli in modo più dettagliato.
Ti accludo l'articolo [3]; fanne quello che vuoi. Se non lo pubblichi, ti prego, rinviamelo.
Ti prego di mettermi subito in rapporto colla tua russa [4]. È cosa che mi preme assai. Collo Staffetti [5] ci siamo messi d'accordo.
Lascio la busta aperta perché possa scrivere la Nora [6]. Saluti molti e carissimi a te e alla Zia.
Tuo
Camillo
 
[1] Ferrari era in realtà il prozio di Camillo Pellizzi, il quale era figlio dello psichiatra Giovanni Battista Pellizzi e di Amelia Sarteschi. Quest'ultima era a sua volta figlia della sorella di Ferrari, Selene, e di Giovanni Battista Sarteschi.
[2] Il filosofo Giovanni Gentile (1875-1944), già ministro della pubblica istruzione e a quell'epoca direttore dell'Enciclopedia italiana.
[3] Camillo Pellizzi, Spunti di pensiero costruttivo, in «Rivista di psicologia», 1925, pp. 117-123.
[4] Elisabetta Rubasceff, autrice, qualche anno più tardi, del volume La Russia tra due regimi, Milano, Alpes, 1929.
[5] Probabilmente il conte Luigi Staffetti, provveditore agli studi di Torino.
[6] Nora Ferrari, figlia di Giulio Cesare.
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