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Mancava un ospedale pediatrico e fu proprio un medico degl’Innocenti, Germano Guidi, a più impegnarsi perché fosse costruito. L’Ospedale pediatrico “Anna Meyer” aprì a Firenze nel 1891 e lo stesso anno l’Istituto di studi superiori chiamò dall’Università di Siena Giuseppe Mya, professore di patologia speciale, che incaricò poi anche della Clinica pediatrica. Sono internazionalmente noti i suoi studi di sulla meningite tubercolare e sull’idrocefalia, pubblicati su la Rivista di patologia nervosa e mentale di Eugenio Tanzi. Nel 1901 Mya finalmente riuscì a trasferire al “Meyer” la clinica pediatrica che era rimasta alla Maternità, annessa alla Clinica ostetrica di Ernesto Pestalozza. Insieme i due colleghi promossero i cosiddetti Asili e Aiuti materni – a Firenze, a Lucca, a Prato –, che erano diretti a seguire le madri povere e lavoratrici nella cura dei lattanti, spesso con l’aiuto di un nuovo volontariato femminile, qualificato ed emancipazionista.
Fra queste ed altre innovative esperienze nell’assistenza e nello studio dell’infanzia e dell’adolescenza tra Otto e Novecento a Firenze, anche la psicologia e la psichiatria ebbero un ruolo propulsivo, che subì poi un declino ed ebbe una lenta ripresa solo dopo la caduta del fascismo.
Ancora una volta, un esordio precoce: nell’agosto 1899 in città, nella zona periferica di Coverciano vicino al Manicomio di San Salvi attivo da un triennio, aprì l’Istituto toscano per “fanciulli tardivi”, poi anche “nervosi”, una specie di istituto medico pedagogico, come venne poi chiamato. Parallelamente si avviò la possibilità di una specializzazione in questo ambito. Intitolato a Umberto I, e dal 1910 divenuto ente morale, sorse grazie a una società di benefattori e benefattrici (tra cui Eleonora Duse), su progetto del pediatra Eugenio Modigliano. Lo scopo era accogliere, curare e rieducare i minori con disturbi psichici e neurologici curabili. Come emergeva dall’esperienza di custodia domestica sussidiata per i pazienti psichiatrici, le famiglie di solito si sforzavano di non mandare i loro bambini in manicomio, ma avevano bisogno di sostegno e competenze.
Inizialmente riservato ai maschi dai 4 ai 12 anni e fino ai 16, l’“Umberto I” venne aperto poi anche alle femmine, con una disponibilità di circa 30 posti, in seguito aumentati, divisi in tre classi, di cui due paganti. Ben presto divenne un riferimento, non solo per le province toscane, ma per tutto il centro-nord. Al duplice programma di lavoro – clinico e didattico – collaboravano psichiatri, pediatri, pedagogisti e maestri, psicologi.
Anche la scuola psicologica fiorentina, infatti, coltivava una speciale attenzione per l’infanzia normale e anormale. Mentre l’Istituto Umberto I si organizzava, Francesco De Sarlo progettò e coordinò una ricerca sullo sviluppo mentale e le “anomalie di carattere” dei bambini, sottoposti ai test Binet e di cui si monitorava l’attenzione. Condotte nelle scuole elementari cittadine con la collaborazione di maestre e maestri, tali indagini si affiancavano alla grande Inchiesta sulle condizioni dell’infanzia in Firenze (Firenze 1909), coordinata da Giuseppe Mya. L’aveva commissionata e finanziata il Comune, tra i cui consiglieri c’erano vari professori universitari, inclusi Mya ed Eugenio Tanzi, il direttore della Clinica delle malattie mentali che a sua volta faceva parte del direttivo dell’Umberto I.
Per essere ammessi all’Istituto i bambini passavano prima dalla Clinica psichiatrica per la visita e un eventuale periodo di osservazione. Dunque c’era un preciso legame fra le due istituzioni, e in generale fra la direzione dell’Umberto I e alcuni docenti universitari fiorentini. De Sarlo spinse da subito i suoi allievi ad occuparsi dei “bambini tardivi”. I primi psicologi-pedagogisti all’Umberto I, che applicavano i test dei francesi Binet e Simon, e poi la revisione americana di Lewis Terman, provenivano infatti dall’Istituto di psicologia di Firenze. Il non ancora laureato Antonio Aliotta fece da direttore didattico nel 1904, dopo lo psichiatra Piero Parise; dal 1905 al 1912 lo fece Vincenzo Berrettoni, e ancora Modigliano con Giovanni Calò come soprintendente. Solo nel 1923 la direzione didattica sarebbe passata a Bice Stiatti, la maestra più anziana.
Nel gennaio 1910 fu Bice Cammeo, con la sua esperienza nel volontariato emancipazionista per l’infanzia e per il disagio mentale, ad aprire un Rifugio immediato e temporaneo per fanciulli in gravi condizioni di disagio familiare e in attesa di affidamento.
Patrizia Guarnieri
30/12/2015
Guarnieri, P. (2004). Dall’accoglienza alla cura. La riforma sanitaria nel brefotrofio degl’Innocenti di Firenze 1890-1910, Medicina & Storia, 4, 7, 53-96.
Fonti a stampa
Biblioteca V. Chiarugi, Firenze, Fondo librario dell’Umberto I.
Calò, G. (1946). L’ opera educativa dell’istituto medico pedagogico Umberto I di Firenze. Firenze: Tip. Ricci.
Comune di Firenze (1909). Inchiesta sulle condizione dell’infanzia in Firenze, eseguita per incarico della Giunta Comunale dal prof. G. Mya. Firenze: Stab. Chiari, succ. Cocci.
Istituto toscano per bambini tardivi (1889). Statuto e Regolamento. Firenze: Tip. Civelli.
Modigliano, E., & Berrettoni, V. (1908). L’Istituto Umberto I per i fanciulli tardivi a Firenze. Primo rendiconto statistico, La Pediatria, 5, estratto.
Archivio storico Istituto degl’Innocenti, Firenze, Cartelle sanitarie informative (1893-1920).
Archivio di Stato di Firenze, Archivio Istituto toscano per bambini tardivi /Istituto medico pedagogico Umberto I (recentemente depositato dalla ASL 10 Firenze, in attesa di riordino).
Il moderno Istituto di psicologia di Firenze si trovava a pochi metri dalla più antica istituzione per l’assistenza ai bambini abbandonati. E proprio in quel periodo il quattrocentesco Spedale degl’Innocenti in piazza SS. Annunziata stava sperimentando una nuova organizzazione sanitaria, avviata nel 1890, per la cura degli esposti e delle balie. Nell’attigua Maternità, dal 1882-83 era stata installata anche la prima Clinica universitaria per le malattie dei bambini dotata di posti letto (mancanti nella coeva clinica di Padova), affidata al professor Moisé Raffaele Levi di Venezia, che morì prematuramente nell’86.
Mancava un ospedale pediatrico e fu proprio un medico degl’Innocenti, Germano Guidi, a più impegnarsi perché fosse costruito. L’Ospedale pediatrico “Anna Meyer” aprì a Firenze nel 1891 e lo stesso anno l’Istituto di studi superiori chiamò dall’Università di Siena Giuseppe Mya, professore di patologia speciale, che incaricò poi anche della Clinica pediatrica. Sono internazionalmente noti i suoi studi di sulla meningite tubercolare e sull’idrocefalia, pubblicati su la Rivista di patologia nervosa e mentale di Eugenio Tanzi. Nel 1901 Mya finalmente riuscì a trasferire al “Meyer” la clinica pediatrica che era rimasta alla Maternità, annessa alla Clinica ostetrica di Ernesto Pestalozza. Insieme i due colleghi promossero i cosiddetti Asili e Aiuti materni – a Firenze, a Lucca, a Prato –, che erano diretti a seguire le madri povere e lavoratrici nella cura dei lattanti, spesso con l’aiuto di un nuovo volontariato femminile, qualificato ed emancipazionista.
Fra queste ed altre innovative esperienze nell’assistenza e nello studio dell’infanzia e dell’adolescenza tra Otto e Novecento a Firenze, anche la psicologia e la psichiatria ebbero un ruolo propulsivo, che subì poi un declino ed ebbe una lenta ripresa solo dopo la caduta del fascismo.
Ancora una volta, un esordio precoce: nell’agosto 1899 in città, nella zona periferica di Coverciano vicino al Manicomio di San Salvi attivo da un triennio, aprì l’Istituto toscano per “fanciulli tardivi”, poi anche “nervosi”, una specie di istituto medico pedagogico, come venne poi chiamato. Parallelamente si avviò la possibilità di una specializzazione in questo ambito. Intitolato a Umberto I, e dal 1910 divenuto ente morale, sorse grazie a una società di benefattori e benefattrici (tra cui Eleonora Duse), su progetto del pediatra Eugenio Modigliano. Lo scopo era accogliere, curare e rieducare i minori con disturbi psichici e neurologici curabili. Come emergeva dall’esperienza di custodia domestica sussidiata per i pazienti psichiatrici, le famiglie di solito si sforzavano di non mandare i loro bambini in manicomio, ma avevano bisogno di sostegno e competenze.
Inizialmente riservato ai maschi dai 4 ai 12 anni e fino ai 16, l’“Umberto I” venne aperto poi anche alle femmine, con una disponibilità di circa 30 posti, in seguito aumentati, divisi in tre classi, di cui due paganti. Ben presto divenne un riferimento, non solo per le province toscane, ma per tutto il centro-nord. Al duplice programma di lavoro – clinico e didattico – collaboravano psichiatri, pediatri, pedagogisti e maestri, psicologi.
Anche la scuola psicologica fiorentina, infatti, coltivava una speciale attenzione per l’infanzia normale e anormale. Mentre l’Istituto Umberto I si organizzava, Francesco De Sarlo progettò e coordinò una ricerca sullo sviluppo mentale e le “anomalie di carattere” dei bambini, sottoposti ai test Binet e di cui si monitorava l’attenzione. Condotte nelle scuole elementari cittadine con la collaborazione di maestre e maestri, tali indagini si affiancavano alla grande Inchiesta sulle condizioni dell’infanzia in Firenze (Firenze 1909), coordinata da Giuseppe Mya. L’aveva commissionata e finanziata il Comune, tra i cui consiglieri c’erano vari professori universitari, inclusi Mya ed Eugenio Tanzi, il direttore della Clinica delle malattie mentali che a sua volta faceva parte del direttivo dell’Umberto I.
Per essere ammessi all’Istituto i bambini passavano prima dalla Clinica psichiatrica per la visita e un eventuale periodo di osservazione. Dunque c’era un preciso legame fra le due istituzioni, e in generale fra la direzione dell’Umberto I e alcuni docenti universitari fiorentini. De Sarlo spinse da subito i suoi allievi ad occuparsi dei “bambini tardivi”. I primi psicologi-pedagogisti all’Umberto I, che applicavano i test dei francesi Binet e Simon, e poi la revisione americana di Lewis Terman, provenivano infatti dall’Istituto di psicologia di Firenze. Il non ancora laureato Antonio Aliotta fece da direttore didattico nel 1904, dopo lo psichiatra Piero Parise; dal 1905 al 1912 lo fece Vincenzo Berrettoni, e ancora Modigliano con Giovanni Calò come soprintendente. Solo nel 1923 la direzione didattica sarebbe passata a Bice Stiatti, la maestra più anziana.
Nel gennaio 1910 fu Bice Cammeo, con la sua esperienza nel volontariato emancipazionista per l’infanzia e per il disagio mentale, ad aprire un Rifugio immediato e temporaneo per fanciulli in gravi condizioni di disagio familiare e in attesa di affidamento.
Patrizia Guarnieri
30/12/2015
Bibliografia
Guarnieri, P. (1996). Per una storia delle scienze dell’infanzia: le fonti dell’Istituto degl’Innocenti a Firenze, Nuncius. Annali di storia della scienza, 11, 277-307.Guarnieri, P. (2004). Dall’accoglienza alla cura. La riforma sanitaria nel brefotrofio degl’Innocenti di Firenze 1890-1910, Medicina & Storia, 4, 7, 53-96.
Fonti a stampa
Biblioteca V. Chiarugi, Firenze, Fondo librario dell’Umberto I.
Calò, G. (1946). L’ opera educativa dell’istituto medico pedagogico Umberto I di Firenze. Firenze: Tip. Ricci.
Comune di Firenze (1909). Inchiesta sulle condizione dell’infanzia in Firenze, eseguita per incarico della Giunta Comunale dal prof. G. Mya. Firenze: Stab. Chiari, succ. Cocci.
Istituto toscano per bambini tardivi (1889). Statuto e Regolamento. Firenze: Tip. Civelli.
Modigliano, E., & Berrettoni, V. (1908). L’Istituto Umberto I per i fanciulli tardivi a Firenze. Primo rendiconto statistico, La Pediatria, 5, estratto.
Fonti archivistiche
Archivio storico Istituto degl’Innocenti, Firenze, Affari generali Categoria prima (1891-1950)Archivio storico Istituto degl’Innocenti, Firenze, Cartelle sanitarie informative (1893-1920).
Archivio di Stato di Firenze, Archivio Istituto toscano per bambini tardivi /Istituto medico pedagogico Umberto I (recentemente depositato dalla ASL 10 Firenze, in attesa di riordino).