Gli anni Sessanta del Novecento e la “via milanese” al superamento del manicomio

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Nelle “tecniche sperimentali” messe a punto nell’ambito delle scienze della mente a partire dagli anni Sessanta del Novecento, l’attenzione ad aspetti della vita e della personalità umana fino a quel momento trascurati andò a braccetto con una nuova coscienza dei diritti della persona, come da dettato della Costituzione repubblicana. È innegabile che fu soprattutto la psichiatria e ancor di più il suo storico dispositivo istituzionale, il manicomio, a finire sotto processo. Iniziò a echeggiare l’espressione “manicomi come lager” (lanciata dallo psichiatra Ugo Cerletti nel 1949 e ripresa in un’occasione pubblica dal ministro della sanità Luigi Mariotti nel 1965), e la parola d’ordine divenne: decentramento. Per poter superare – o quantomeno limitare – l’utilizzo dell’istituzione (progetto divenuto realizzabile grazie all’utilizzo – recente – degli psicofarmaci, scoperti in Francia nel 1952), occorreva costruire una rete efficace di ambulatori e servizi territoriali. In quest’ottica nei primi anni Sessanta la Provincia di Milano, tra le prime in Italia, organizzò il Servizio d’igiene e profilassi mentale, aprendo ambulatori psichiatrici in varie zone della città. Inoltre, nel 1966 sempre la Provincia decise di dare avvio alla cosiddetta “psichiatria di settore” di stampo francese.
La decisione di avviare anche in Italia esperienze analoghe a quella praticata da Henri Duchêne e Georges Daumézon nel XIII arrondissement di Parigi era stata presa due anni prima a Bologna, durante il primo Convegno nazionale di psichiatria sociale tenutosi al teatro La Ribalta. Al convegno fu Gian Franco Minguzzi, psichiatra e docente di psicologia alla facoltà di lettere e filosofia dell’università bolognese a guidare la platea verso la decisione di riformare l’assistenza psichiatrica italiana sulla base della politica di settore (i cui principi fondamentali erano: “settorializzazione del territorio”, “continuità terapeutica” e “primato extraospedaliero”). Fu poi Edoardo Balduzzi, a Varese, a sviluppare per primo e con maggior determinazione l’idea di settore in Italia.
Nel 1968 venne inaugurato a Milano l’Ospedale psichiatrico di settore “Ugo Cerletti”, pensato in stretto collegamento con quattro centri di salute mentale (ambulatori), aperti negli ospedali generali di Magenta, Abbiategrasso, Rho e Legnano. La direzione venne affidata al giovane psichiatra Giorgio Marinato, perché il direttore designato, Angelo Della Beffa, morì improvvisamente prima dell'inaugurazione dell'istituto. La formazione del personale e soprattutto degli infermieri (tema anch’esso caro ai francesi), l’attività delle assistenti sociali, la presenza di uno psicologo clinico (Mario Morpurgo, cugino dello psicoanalista Enzo Morpurgo), la costituzione di un’assemblea generale e la progressiva liberalizzazione della vita dei degenti furono gli aspetti più importanti e caratteristici dell’Ospedale “Cerletti”.
Va detto che nel frattempo gli ospedali psichiatrici “tradizionali” continuavano la loro attività: il “Paolo Pini” nel quartiere di Affori, da mera succursale di Mombello, era diventato l’ospedale psichiatrico più importante di Milano, arrivando a ospitare fino a mille ricoverati (tra cui in quegli anni la poetessa Alda Merini) e relegando per così dire Mombello al ruolo di cronicario. Inoltre, a fornire assistenza ospedaliera ai malati di mente vi erano il servizio di guardia psichiatrica collegata al reparto Neurodeliri dell’Ospedale Niguarda (dal 1951), il padiglione "Romeo Vuoli" ad Affori per i cronici (dal 1959) e il padiglione Guardia II dell’Ospedale Maggiore Policlinico, aperto nel 1963. Né mancavano luoghi “privati” di ricovero e cura: gli istituti psichiatrici di San Colombano al Lambro e di Cernusco sul Naviglio, entrambi gestiti dai Fatebenefratelli, operavano rispettivamente dal 1894 e dal 1939; la casa di cura Ville Turro era stata aperta a Milano nel 1910; la casa di cura Villa Fiorita era stata trasferita da Affori a Brugherio nel 1939. Sempre sul fronte dell’assistenza privata, ricordiamo l’apertura nel 1966 della casa di cura Le Betulle, ad Appiano Gentile, su iniziativa degli psichiatri e psicoanalisti Augusto Guida e Anteo Saraval.
Dal punto di vista scientifico, nel suo tentativo di sganciarsi dall’organicismo e dal neurologismo cui era stata da sempre ancorata, la psichiatria italiana si aprì alla psicologia clinica e alla psicoanalisi, anche a favore dell’infanzia. Fu proprio nei Centri medico-psico-pedagogici diretti da Maria Elvira Berrini che la psicoanalisi entrò per la prima volta nei servizi pubblici. Enzo Morpurgo invece portò tra gli operai la psicoanalisi, allora considerata la “scienza borghese” per eccellenza: nel 1969 aprì il Consultorio popolare di Niguarda, dove gli abitanti del quartiere, di estrazione prevalentemente operaia, ricevevano gratuitamente cure psicoterapiche di stampo analitico. 
Nel 1968 Diego Napolitani venne chiamato a dirigere il Centro di socioterapia "Villa Serena", appartenente alla Provincia. Si trattò del primo esperimento a Milano di “comunità terapeutica” ispirata al modello scozzese di Maxwell Jones. Per questo progetto Napolitani cercò l’alleanza di Franco Basaglia, ma non la trovò. Basaglia, infatti, nei primi anni Sessanta aveva iniziato la sua opera di smantellamento del manicomio di Gorizia proprio costituendo al suo interno una “comunità terapeutica”, ma a distanza di qualche anno la considerava ormai un’ipotesi superata.
In quegli anni era l’unico a pensarla così. Ma nel 1978, la legge 180 decretò la fine dell’era dei manicomi. Iniziò un’altra storia.
 
Elisa Montanari
30/10/2015

Bibliografia

Babini, V.P. (2009). Liberi tutti. Manicomi e psichiatri in Italia: una storia del Novecento. Bologna: il Mulino.
Morpurgo, E. (1973). L’esperienza di Niguarda. In: I territori della psicoterapia. Milano: Angeli, pp. 76-93.
Napolitani, D. (2006). Di palo in frasca. Milano: Ipoc.
Tognetti Bordogna, M. (a cura di) (1985). I muri cadono adagio. Storia dell’ospedale psichiatrico di Parabiago. Milano: Angeli.

Fonte iconografica

Collezione privata.
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