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19/III.921
Caro Ferrari,
Hai tu ricevuta una mia cartolina di saluti ed auguri inviata sugli ultimi dell'anno scorso o sui primi di questo?
Il non aver ricevuto, da te di solito così gentile e ordinato nella tua corrispondenza, un riscontro, m'ha fatto pensare che o tu sii stato malato o stanco, o che sia diminuito il tuo affetto verso di me. Ti sei forse dispiaciuto ch'io non abbia fatto della réclame alla Rivista? Per quanto stava in me mi sono adoprato, ma non son buono. Che io non mi sia abbonato? Ma pensa che il mio stipendio è ancora di 680 lire mensili, né ho altri proventi?
Come che sia, ora ricorro lo stesso, anche una volta, a te, che mi puoi giovare, e che, anche se sei dispiaciuto verso di me, favorirai un amico che lavora per quella psicologia che ti sta a cuore.
Di dicevo, nell'ultima mia cartolina, dell'esito dell'ultimo concorso di pedagogia (andato a monte) a mio riguardo. Ho potuto vedere la relazione, che non so perché non abbiano pubblicata. Io vi son uno tra i meglio quotati. Lo studio su l'Imitazione [1], pubblicato dalla tua Rivista, vi è mentovato a titolo di onore. Ora è imminente il bando d'un nuovo concorso. Io ho lavorato per poter aggiungere altre pubblicazioni, possibilmente decisive, alle precedenti. Ho in corso di stampa un volume di introduzione storico-critica a un'opera di psicologia dell'infanzia che ne avrà tre. E alla libreria della Voce ho promesso un saggio di didattica: "La poesia e i fanciulli", che mi si è promesso di stampare subito. Ma io non posso decidermi a consegnare il manoscritto: nel quale vi è tutta una parte psicologica che non vorrei, ora, pubblicare in volume: giacché così mi sarebbe tolto di poterla poi rifondere nella mia opera generale di psicologia dell'infanzia, di cui pure essa dovrebbe costituire uno dei più importanti capitoli. Questa parte riguarda il fanciullo come poeta. È assolutamente originale, ricca di documenti, e in senso del tutto diverso dai pochi saggi che ci sono nell'argomento, sicché mi penso costituirà una vera novità. Non potrò rifonderla nella mia opera complessiva prima di due o tre anni. Ora essa avrebbe il luogo adatto proprio nella tua Rivista. Per la luce che essa può gettare sulle forme più semplici di immaginazione, di ideazione magica e mitopoietica, e in genere sulla più primitiva mentalità, essa potrà interessare ogni categoria di lettori di cose psicologiche.
Io ti chiedo dunque che tu mi dica di mandarti al più presto il manoscritto (su per giù della lunghezza di quello su l'Imitazione) e che poi tu voglia raccomandarlo alla sollecitudine degli operai bolognesi.
E nell'attesa d'una tua, cordialmente ti saluto e ringrazio.
Tuo Gino Ferretti
[P.S.] Saluti anche dalla mia Signora.
[1] G. Ferretti, L'imitazione e l'infanzia, in «Rivista di psicologia», 1919, pp. 241-301.
Roma, via Forlì 30
19/III.921
Caro Ferrari,
Hai tu ricevuta una mia cartolina di saluti ed auguri inviata sugli ultimi dell'anno scorso o sui primi di questo?
Il non aver ricevuto, da te di solito così gentile e ordinato nella tua corrispondenza, un riscontro, m'ha fatto pensare che o tu sii stato malato o stanco, o che sia diminuito il tuo affetto verso di me. Ti sei forse dispiaciuto ch'io non abbia fatto della réclame alla Rivista? Per quanto stava in me mi sono adoprato, ma non son buono. Che io non mi sia abbonato? Ma pensa che il mio stipendio è ancora di 680 lire mensili, né ho altri proventi?
Come che sia, ora ricorro lo stesso, anche una volta, a te, che mi puoi giovare, e che, anche se sei dispiaciuto verso di me, favorirai un amico che lavora per quella psicologia che ti sta a cuore.
Di dicevo, nell'ultima mia cartolina, dell'esito dell'ultimo concorso di pedagogia (andato a monte) a mio riguardo. Ho potuto vedere la relazione, che non so perché non abbiano pubblicata. Io vi son uno tra i meglio quotati. Lo studio su l'Imitazione [1], pubblicato dalla tua Rivista, vi è mentovato a titolo di onore. Ora è imminente il bando d'un nuovo concorso. Io ho lavorato per poter aggiungere altre pubblicazioni, possibilmente decisive, alle precedenti. Ho in corso di stampa un volume di introduzione storico-critica a un'opera di psicologia dell'infanzia che ne avrà tre. E alla libreria della Voce ho promesso un saggio di didattica: "La poesia e i fanciulli", che mi si è promesso di stampare subito. Ma io non posso decidermi a consegnare il manoscritto: nel quale vi è tutta una parte psicologica che non vorrei, ora, pubblicare in volume: giacché così mi sarebbe tolto di poterla poi rifondere nella mia opera generale di psicologia dell'infanzia, di cui pure essa dovrebbe costituire uno dei più importanti capitoli. Questa parte riguarda il fanciullo come poeta. È assolutamente originale, ricca di documenti, e in senso del tutto diverso dai pochi saggi che ci sono nell'argomento, sicché mi penso costituirà una vera novità. Non potrò rifonderla nella mia opera complessiva prima di due o tre anni. Ora essa avrebbe il luogo adatto proprio nella tua Rivista. Per la luce che essa può gettare sulle forme più semplici di immaginazione, di ideazione magica e mitopoietica, e in genere sulla più primitiva mentalità, essa potrà interessare ogni categoria di lettori di cose psicologiche.
Io ti chiedo dunque che tu mi dica di mandarti al più presto il manoscritto (su per giù della lunghezza di quello su l'Imitazione) e che poi tu voglia raccomandarlo alla sollecitudine degli operai bolognesi.
E nell'attesa d'una tua, cordialmente ti saluto e ringrazio.
Tuo Gino Ferretti
[P.S.] Saluti anche dalla mia Signora.
[1] G. Ferretti, L'imitazione e l'infanzia, in «Rivista di psicologia», 1919, pp. 241-301.