Giolitti Enrichetta in Chiaraviglio

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9 lettere e un biglietto dell’assistenzialista Enrichetta Giolitti (1871-1959), secondogenita dello statista Giovanni e moglie dell’ingegnere Mario Chiaraviglio, a Ferrari:
1) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 29 marzo 1921: ringrazia per la lettera con il piano regolatore della futura città-giardino, di cui dovranno parlare appena deciso il trasferimento degli istituti in campagna. Chiede a Ferrari di raccogliere tutte le ragioni a favore della vita dell’infanzia in campagna ed espone la sua idea in merito. Parla dell’ing. Tenerani(?), pessimo amministratore dei due istituti all’Esedra di Termini, e della possibilità di vendere questi ultimi per comprare una grande area fuori Roma e far scarcerare al più presto i minorenni affidati alla pubblica assistenza. Ringrazia della rivista e del libro di Ferrieri. Propone una riunione della commissione lunedì 10 aprile presso la Direzione dei servizi civili del Viminale.
2) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 20 aprile 1921: è dispiaciuta perché solo ora, al rientro da Roma, trova la sua lettera. Dice di avere la madre molto ammalata fisicamente ma ancora molto vitale intellettualmente. Ha letto la memoria di Ferrari sull’utilità del rinnovamento di ambiente e di funzionamento delle opere di assistenza. Spera di organizzare presto una riunione della loro piccola commissione.
3) Roma, 16 luglio 1921: ha letto la lettera di Ferrari e la relazione con molto piacere e le sembra che quest’ultima debba convincere tutti, tranne che per la parte relativa alle scuole all’aperto, a suo parere un tema troppo rischioso vista la mentalità corrente; vorrebbe quindi introdurre delle modifiche e sottoporle alla commissione. Gli chiede quando potrà incontrarlo a Roma.
4) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 9 ottobre 1924: non può lasciare la casa, i figli e la nuora incinta per andare a Bologna; vedrà di imitare suo padre almeno in questo: nel mettersi a viaggiare superati i 70 anni. Augura alla sua Lega per l’igiene mentale tutte le fortune e dice che se fosse seguita da altri si dovrebbe arrivare a radere al suolo tutto l’impianto scolastico attuale e fare una “vera” rivoluzione: “non quella che cambia divisa alla gente e rifrigge il vecchiume peggiore sotto nuove etichette, come avviene in Russia”.
5) Roma, 3 gennaio 1925: ricambia gli auguri e dice che i tempi non sono favorevoli alle opere che sono loro care, ma questo finisce per rafforzare la loro fede, “perché la vita è più forte di tutte le nostre stupidità sommate insieme e la sua legge non si doma con nessun manganello”.
6) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 26 febbraio 1925: dice che la povera bambina di cui gli ha parlato può attendere perché in questo periodo non è nelle mani di alcuno specialista. Le piace l’idea di dare la parola a un ladro autentico e Ferrari ha ottenuto il suo scopo. I mali più grandi del loro tempo sono a suo parere la superficialità e l’insensibilità, a cui si devono le catastrofi della guerra. La gente ha bisogno di emozioni forti e per questo si interessa agli storpi, ai rachitici, ai deficienti e non si interessa alla gente sana e “non si rivolta a certi regimi scolastici fatti per annientare le migliori energie”. Ha potuto constatare soprattutto gli effetti deleteri dell’educazione delle ragazze, osservando quelle entrate in 14 anni all’Istituto di S. Gregorio e ha notato la differenza tra le classi borghesi e le proletarie: le prime erano state “a macerare” a scuola, mentre le seconde avevano svolto un lavoro vero. Propone a Ferrari uno studio in merito. Dice che suo padre sta bene ed affronta la vita come un trentenne: merito di sua madre, che non era un’intellettuale e non studiava la pedagogia, perché da bambino era gracilissimo. Parla del padre, dei ricordi che ha degli uomini politici di un tempo e della sua fiducia nei progressi dell’umanità.
7) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 24 settembre 1928: dopo due mesi di torpore e sofferenza riprende a lavorare, anche se l’ambiente che aveva creato in 18 anni di lavoro le è stato tolto. Gli chiede quando passerà da Roma e potrà incontrarla e in quale lavoro di Ibsen ha trovato la bella espressione “menzogna vitale” citata nella sua relazione “Psicologia e psicopatologia” pubblicata sulla rivista del gennaio-marzo 1923.
8) Roma, Via Cola di Rienzo 28, 15 gennaio 1929: sta leggendo un libro che getta una cruda luce sul mutamento radicale del modo di sentire e di pensare in merito ai fatti fondamentali della vita: si tratta del libro del giudice Ben B. Lindsey della Juvenile and Family Court of Denver intitolato “The revolt of modern youth”. Le interessa in particolare la questione dei costumi e il conflitto delle generazioni, di cui la scienza sembra non occuparsi.
9) [Roma, 23 gennaio 1929]: lo ringrazia della lettera e dell’offerta; dice che appena potrà gli scriverà una lunga lettera sul libro di cui gli ha parlato [di Ben B. Lindsey, “The revolt of modern youth”], che eventualmente potrà pubblicare. Cartolina illustrata con ritratto di “Ofelia. Francesco Bartolozzi da Jas. Nikson”.
10) [s.l., s.d.]: “Con animo grato”, biglietto da visita intestato “Enrichetta Chiaraviglio Giolitti / Via Cola di Rienzo 28” con nota manoscritta.

NOTE
Carta intestata: “Chiaraviglio / Cola di Rienzo 28 / Roma (26)”; “Scuola Pratica Agricola Femminile / e di Economia Domestica / “Linfa” / Roma S. Gregorio al Celio n. 2 Roma / Telefono 8247″. Le ultime lettere sono listate a lutto.

Estremi cronologici

29 Marzo 1921 – 23 Gennaio 1929

Consistenza

16 carte

Collocazione fascicolo

b. 9, fasc. 7
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