Il risalto… cos’è? (Il risalto fenomenico secondo Benussi)

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Secondo Vittorio Benussi, la percezione, intesa come "atto percettivo", si caratterizza come "atto prensivo" (Auffassungsakt), che struttura, organizzandola, la massa informe delle sensazioni. L'atto percettivo non è solo il risultato di meccanismi di ricezione, trasmissione e trasformazione di impulsi sensoriali, ma richiede processi asensoriali (ossia indipendenti dallo stimolo) attraverso i quali il soggetto struttura e organizza la massa sensoriale.
I dati di provenienza sensoriale si influenzano gli uni con gli altri, in funzione delle loro proprietà; ne deriva un raggruppamento degli elementi simili e un isolamento di quelli dissimili. Questa dinamica determina l'insorgere di un contrasto percettivo che porta al fenomeno del risalto, alla situazione in cui un oggetto risalta o è vistoso.
Il risalto viene inteso da Benussi come fattore asensoriale (indipendente dallo stimolo) della percezione; a esso Benussi fa esplicito riferimento in due delle leggi (leggi terza e quarta) sulla percezione inadeguata della forma da lui enunciate nell'articolo Gesetze der inadäquaten Gestaltauffassung (1914).
Ma il risalto cos'è? Cosa significa per noi che un oggetto risalti o sia vistoso? Cosa caratterizza la nostra esperienza di esso?
A queste domande Benussi risponde in una "Didattica" conservata nella "parte tedesca" del suo archivio (la parte relativa al periodo da lui trascorso a Graz), la Didattica 1.11, intitolata appunto Auffälligkeit, ossia Risalto (1905).
È fuori di dubbio, argomenta Benussi, che, quando si parla di "risalto", si intende una ben precisa qualità riferita a un oggetto, in virtù della quale esso "è vistoso" o "risalta".
Definire però cosa sia più precisamente questa qualità, come oggetto fuori di noi, e indicare quali siano i momenti psichici che caratterizzano l'esperienza di essa, è tutt'altro che facile. La cosa migliore è quindi iniziare considerando un caso nella sua concretezza, per cercare di rilevarne i momenti caratterizzanti e poter quindi dare di essi una definizione più precisa.
Davanti a una successione di colori diversi, si è pronti senza dubbio ad ammettere che essi non risaltino tutti nella stessa misura, anche se poi non si è d'accordo, ad esempio, sul fatto che il secondo colore sia più vistoso del quinto. Malgrado quindi non sappiamo cosa sia esattamente il risalto, lo riconosciamo con sicurezza e gli attribuiamo gradi di intensità diversi: nell'ambito del risalto c'è un più e un meno, come c'è nella diversità, nei pesi, nell'ira e nella gioia.
Quel qualcosa di psichico, che abbiamo chiamato esperienza del risalto (Auffälligkeitserlebnis), deve poter cambiare di intensità, perché a un certo punto esso viene meno; ci sono, cioè, stati di massima, media e minima coscienza del risalto (Auffälligkeitsbewusstsein).
Si tratta poi di precisare l'esperienza del risalto secondo le sue condizioni più generali di esistenza. A questo riguardo può essere sufficiente constatare che quei vissuti non hanno luogo con ricordi, o, in breve, nell'ambito della memoria.
Se adesso ritorniamo ai nostri due obiettivi iniziali, ossia definire il risalto e caratterizzare l'esperienza di esso, e in particolare al primo obiettivo, dobbiamo tenere presente innanzitutto il fatto (1. Die Aussergegenständlichkeit der Auffälligkeit) che il risalto è qualcosa che un oggetto può perdere (o assumere) in modo del tutto diverso dalle altre sue qualità: se pongo, ad esempio, un dato oggetto a su uno sfondo b, mi accorgo che a risalta in modo del tutto diverso e in misura diversa… ma cos'è cambiato in a? Niente. Per perdere il suo colore, a deve cambiare, ma per perdere il suo risalto può rimanere uguale.
La stessa cosa del resto succede per la proprietà della "diversità": si dice, ad esempio, che a è diverso da b in misura maggiore di quanto lo sia da b', senza che per questo qualcosa in a sia cambiato.
Quindi diversità e risalto non possono essere in alcun modo qualità dell'oggetto in quanto tale.
Si può poi osservare (2. Das doppelte Fundament der Auffälligkeit) che, come la diversità, anche il risalto necessita per la sua sussistenza di almeno due oggetti.
La relazione fra gli oggetti, che si instaura nei due casi, ha caratteristiche però differenti: mentre ha senso dire di un oggetto a che è diverso da b senza riferirsi in alcun modo a un soggetto, ciò non vale per il risalto.
Nel caso della diversità, sussiste poi sempre la reciprocità: quando a è diverso da b, necessariamente anche b è diverso da a. Nel caso del risalto, invece, ciò non vale.
Due sono quindi le proprietà del risalto: la sua non-reciprocità e la sua natura relazionale.
Benussi accenna infine a una terza proprietà del risalto, in quanto relazione non-reciproca: la variabilità qualitativa unilaterale dei suoi oggetti di base. Per comprenderla, è necessario però considerare più da vicino il "secondo lato" della relazione, il secondo "oggetto" necessario: il soggetto (das Subject).

Mauro Antonelli e Verena Zudini
18/10/2010

Bibliografia

Antonelli, M. (a cura di) (2002). Vittorio Benussi. Psychologische Schriften. Textkritische Ausgabe in 2 Bänden. Amsterdam-New York: Rodopi.
Antonelli, M. (a cura di) (2006). Vittorio Benussi. Sperimentare l'inconscio. Scritti (1905-1927). Milano: Cortina.
Benussi, V. (1914). Gesetze der inadäquaten Gestaltauffassung. (Die Ergebnisse meiner bisherigen experimentellen Arbeiten zur Analyse der sogen. geometrisch-optischen Täuschungen [Vorstellungen außersinnlicher Provenienz]). Archiv für die gesamte Psychologie32, 396-419. Ripubblicato in M. Antonelli (a cura di) (2002). Volume 1 (pp. 341-364). Traduzione italiana in M. Antonelli (a cura di) (2006) (pp. 145-164).
Soro, G. (1994). Psicologia ed osservazione fenomenica: Vittorio Benussi. Torino: Upsel.
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