Musatti: un socialista in Unione Sovietica

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Nel novembre 1952 Cesare Musatti compì un viaggio di studio in Unione Sovietica, aggregandosi a una delle tante delegazioni italiane che negli anni '50 solevano visitare, in veste ufficiale, il paese del socialismo. Il viaggio era stato preceduto da un'accesa polemica di Musatti con i rappresentanti del Partito Comunista, accusati di non averlo invitato ad unirsi al gruppo che era stato in un primo momento prescelto. Al ritorno in Italia, nel dicembre dello stesso anno, Musatti ebbe occasione di riportare le sue impressioni in numerosi interventi pubblici. Le osservazioni critiche che egli espresse nei riguardi di alcuni aspetti del regime sovietico – a proposito delle libertà civili e della condizione della ricerca scientifica – non intaccarono la sua incondizionata solidarietà e fedeltà alla patria del socialismo e al progetto di liberazione sociale e individuale da essa promosso.
Nel settembre 1953 Musatti pubblicò sulla rivista Comunità un resoconto del viaggio dal titolo Libertà di pensiero e dignità della persona nella società sovietica, che lo pose in qualche modo al centro delle polemiche politiche del momento. Nel 1957 raccolse le sue riflessioni nel volume Paesi del socialismo e problemi della democrazia.
Nel Carteggio del Fondo Musatti sono conservate le bozze di alcune lettere che contribuiscono a ricostruire la vicenda e a precisare le posizioni di Musatti in merito.

Due lettere al politico Giuseppe Berti (1901-1979)

Milano, 1952
Venuto a conoscenza tramite Mario Ponzo di un viaggio in Unione Sovietica, organizzato dal Partito Comunista per visitare le istituzioni psicologiche di quel paese, Musatti si indigna per non essere stato incluso nella delegazione degli psicologi, ed avanza una lettura politica della sua mancata convocazione. Essa sarebbe l'indice di una palese e mai sopita diffidenza del partito comunista nei confronti dei compagni socialisti, e di una specifica diffidenza verso la sua persona, come provano le reazioni dei colleghi psicologi, che egli riporta nella lettera: «Ora i miei colleghi psicologi mi dicono: "Ah, te in Russia non ti ci vogliono mandare! Ti considerano non sufficientemente legato alla disciplina del Cominform e troppo spregiudicato nelle tue valutazioni. Preferiscono mandare dei cosiddetti indipendenti oppure anche degli avversari dichiarati, e neppure ti interpellano"». Secondo Musatti, sono atteggiamenti di questo genere che nel corso degli anni hanno sospinto molti socialisti su posizioni socialdemocratiche. Rispetto a questi transfughi, egli rivendica la sua lealtà di vecchio socialista, persuaso del principio dell'unità dell'azione di classe e quindi del dovere, per ogni socialista, di collaborare con i comunisti. Egli si dichiara disposto a fare, in nome della causa comune, il "servo sciocco" con il Partito Comunista, ma si chiede quale vantaggio si possa ricavare da tale strategia, visto che il partito, con una decisione così clamorosa, smentisce quella fiducia e quella stima che in privato dice di accordargli.

Milano, 5 febbraio 1953
Di ritorno dal viaggio in URSS, Musatti riassume sinteticamente il contenuto della conferenza appena tenuta all'Università Cattolica di Milano dal titolo La psicologia in Unione Sovietica. Riguardo all'intervento di pregiudiziali ideologiche nella ricerca scientifica, egli aveva riconosciuto, in quella sede, l'esistenza di un certo conformismo nella scienza e nella cultura sovietica, ma l'aveva giustificata in virtù della trasformazione del lavoro scientifico in atto in quel paese. Diversamente di quanto avviene nel mondo occidentale, infatti, il lavoro scientifico nel mondo sovietico non costituisce più un fatto tecnico ed elitario, prodotto da un ristretto gruppo di studiosi, ma è diventato un fenomeno sociale, un'attività coinvolgente masse enormi di popolazione, e come ogni fenomeno sociale richiede il controllo e la guida della classe politica. A garanzia della libertà della ricerca scientifica starebbero comunque, secondo Musatti, la sete di sapere radicata nel popolo sovietico e la diffusione dei mezzi d'informazione e propagazione culturale.

Una lettera aperta al direttore della rivista Studium

Nei primi mesi del 1954 Musatti scrive una lettera aperta dal titolo Il problema di una opposizione al comunismo nell'Unione Sovietica, indirizzata al direttore di Studium. Rivista mensile di vita e cultura. La lettera intendeva essere una risposta all'articolo che Guido Lami, studioso e politico di area democristiana, aveva pubblicato nel numero di dicembre della stessa rivista con il titolo Il pericolo mortale; il lavoro di Lami costituiva una diffusa recensione, contenente osservazioni molto critiche, del saggio di Musatti, Libertà di pensiero e dignità della persona nella società sovietica, apparso nel settembre 1953 sul n. 20 della rivista Comunità. Nella lettera aperta Musatti rivendica l'obiettività del suo saggio, in cui aveva riportato le impressioni ricavate dal recente viaggio in URSS, e precisa la sua posizione riguardo al problema dell'opposizione politica in tale paese. Per comprendere e giustificare l'assenza di un anticomunismo in Unione Sovietica, Musatti invita a distinguere tra forma di governo e struttura sociale dello stato. La prima – afferma – trova espressione nel regime sovietico in atto, la seconda si identifica con il comunismo stesso. Mentre la forma di governo è ancora in fase rivoluzionaria ed è perciò mutabile e perfettibile, la struttura sociale dello stato è compiuta ed irreversibile. Il comunismo, infatti, non è più oggetto di discussione nell'opinione pubblica; le strutture tipiche della società liberale, come la proprietà privata, sono ritenute ormai del tutto superate e vengono trattate alla stregua di figure mitologiche. Il comunismo non costituisce dunque un problema in Unione Sovietica, più di quanto lo costituisca in Occidente il Sacro Romano Impero o la struttura politico-sociale dell'età comunale. A Lami, che lo accusava di ricalcare, al riguardo, note posizioni dottrinali, Musatti replica di aver tratto tali conclusioni attraverso il contatto diretto con gli operai delle fabbriche e con la popolazione rurale, da cui ha derivato quel "trepido, commosso ardore ammirativo" per la società sovietica, che Lami gli imputa.

Marina Manotta

Bibliografia

Musatti, C.L. (1953). Libertà di pensiero e dignità della persona nell'Unione Sovietica. Comunità, 7(20), 26-35.
Musatti, C.L. (1957). Paesi del socialismo e problemi della democrazia. Firenze: Parenti.
Musatti, C.L. (1986). Prefazione. In G.P. Piretto, Mosca Leningrado (pp. 9-15).  Milano: Clup.
Spriano, P. (1986). Le passioni di un decennio (1946-1956). Milano: Garzanti.
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