Rossi Mario Manlio

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10 fotocopie di lettere e cartoline del filosofo e storico Mario Manlio Rossi (1895-1971) a Ferrari:
1) [s.l.], 8 agosto 1922: avvisa che non potrà recarsi da lui né lunedì né martedì perché andrà qualche giorno al mare. Andrà tuttavia a far visita al professor Manacorda, che vuole conoscere di persona da mesi. Promette che al ritorno si recherà da lui e si fermerà qualche giorno per farsi sgridare da Errante. Avrà però bisogno di un appuntamento veloce con Ferrari per un consiglio su dove recarsi per le cure (in Germania, tra i monaci della Verna o altrove), poiché non si sente in grado di insegnare. Scrive che “in questa penetrazione avida incessante è lo strumento di tutta la mia tortura”. Chiede infine cosa sia la psicotecnica e se può essergli utile per prepararsi meglio al lavoro.
2) Reggio Emilia, 9 dicembre 1922: gli invia una recensione e lo invita a correggerla. Dice di aver parlato con [Giovanni] Papini quando si è recato a Firenze e di essersi comportato bene, anche se lo considerano un pazzo. Invia i propri saluti alla moglie di Ferrari e a suo figlio Carlo e spiega che sarebbe arrivato in serata a Bologna se Errante non fosse stato in procinto di partire. Sente che gli sta piombando addosso “tutta la neghittosità provinciale, il male dei Rossi che ha schiacciato mio padre”. [La lettera è mutila].
3) [Reggio Emilia], 4 novembre 1923: comunica di aver ottenuto la supplenza di filosofia ed economia politica al liceo di Parma e di avere, in prima, due Terzi, probabilmente cugini. Dà notizie sulle malattie di Clelia, della signora Nice e dell’altra figlia. Dice di essere molto contento di aver lasciato Reggio, dove tutti quei pettegolezzi lo irritavano. Si augura che Ferrari stia meglio di quando l’ha visto a Firenze e che si affatichi meno. Dice di non aver fatto la propria comiunicazione e gli promette che andrà a trovarlo, portandogli notizie dei Terzi.
4) [s.l.], 10 dicembre 1925: promette che entro lunedì gli invierà il saggio sul comico e 4 o 5 recensioni. Si dice stanco e pigro e non se la sente più di andare a casa. Chiede dove sia Carlo e cosa si sappia della commissione del concorso di psicologia, per la quale erano stati proposti i nomi di Ferrari, Villa e De Sarlo. Avvisa che [Giuseppe] Tarozzi non gli ha più scritto, nè risposto. Manda i propri saluti alla moglie di Ferrari, Emilia Giordani, a Jahier e alle fanciulle. 
5) [Forlì], 29 settembre 1926: dice di aver preparato due recensioni, tra cui quella del libretto di Emilio Chiocchetti sul pragmatismo, ama non si sente ben e lavora poco. Avvisa che sarà da lui la sera del 5. Si dice addolorato di come Chiocchetti abbia messo in disparte [Giovanni] Vailati e [Mario] Calderoni, ma immagina che lo attaccheranno insieme. [La fotocopia è incompleta].
6) [s.l.], 6 ottobre 1926: Parla della teoria della felicità. Dice di aver trovato solo [Eugenio] Tanzi “che limita il concetto di ossessione a forma di contrasto tra sentimento ed intelligenza, giungendo ad affermare che la menoma obnubilazione della coscienza esclude uno stato ossessivo”. Poiché ritiene che nella felicità vi sia un “errore di proporzioni” perchè si svuota la coscienza di tutto, tranne che dell’oggetto della felicità, la parola “stato ossessivo” non sarebbe adatta. Se Ferrari la pensa allo stesso modo non risponda, altrimenti gli dia pure anche dell’asino e lui si rimetterà a studiare. Ringrazia la moglie di Ferrari, Emilia Giordani, e spera che si sia convinta che è un bravo ragazzo. [La fotocopia è mutila nella prima parte, per l’asportazione del francobollo dalla cartolina].
7) [Forlì], 16 novembre 1926: si dice in attesa delle bozze e lo avvisa che gli arriverà un pacco di libri dalla Paneuropäische Union di Vienna, che gli raccomanda di rispedirgli perchè i libri gli servono urgentemente.
8) [s.l.] [1926]: lo prega di mettergli da parte alcuni libri sulla psicoanalisi e quelli della Paneuropa se sono arrivati. Lo avvisa che prenderà copia di due recensioni e il volume del Woodbridge che gli riporterà recensito. Se Ferrari avesse altro da recensire, potrà lasciarli alla figlia Nora. Gli ricorda gli estratti della “Psicologia della felicità”. 
9) Forlì, 19 gennaio 1929: dice di aver tentato di telefonargli più volte passando da Bologna, ma di non aver mai fatto in tempo. Non avendo ancora ricevuto nè gli estratti, nè i libri promessi da Canella, chiede se la Rivista non sia ancora uscita. Chiede inoltre a Ferrari – per una propria conoscente – l’indirizzo di uno specialista di fiducia per le malattie del fegato a Bologna. Spiega che sta tentando di ottenere la libera docenza in filosofia, ma preferisce che non ne parli con nessuno, perché probabilmente non si presenterà o non riuscirà ad ottenerla. Chiede dove sia Carlo. [L’ultima parte della fotocopia è incompleta].
10) Stoccarda, 23 luglio 1932: si lamenta del clima e delle proprie condizioni di salute. Dice di aver ricevuto copia della recensione, che nel complesso va bene, ma che il nome corretto è “R.J. Aaron”. Dal momento che gli hanno offerto un posto universitario in America, chiede a Ferrari una lettera di raccomandazione; gli dispiace dargli questo disturbo, soprattutto ora che Nora non c’è e non può fare da tramite. Lo ringrazia della lettera per il professor Delgado e spera che sortisca qualche effetto. 

NOTE
Le lettere e cartoline originali non sono presenti. Solo della lettera del 9 dicembre 1922 si conserva l’originale, mutilo.

Estremi cronologici

8 Agosto 1922 – 23 Luglio 1932

Consistenza

16 carte

Collocazione fascicolo

b. 16, fasc. 17
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