Calderoni Mario

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57 lettere e cartoline di Mario Calderoni (1879-1914), filosofo e docente all’Università di Bologna, a Ferrari:
1) [s.l., 22 agosto 1896]: lo ringrazia per la lettera piena di consigli e di insegnamenti ed è contento perché significa che Ferrari non è rimasto “disgustato” dal comportamento che ha tenuto a Monaco. Parla delle disavventure del viaggio cercando di dimostrare che non merita l’epiteto di “oca”. Ragiona sull’utilità delle letture per formarsi delle chiare opinioni. Chiede delucidazioni su alcuni punti della lettera di Ferrari. Comunica che scriverà a Vailati.
2) Marina di Pisa, [2 agosto 1897]: si dice arrabbiato con lui perché è stato ad Avenza e non l’ha avvisato. Parla del pessimo comportamento del padre, il “fiero antisocialista”, e promette di fare di tutto per rendere lieta la vita della madre nel prossimo mese di vacanza. Gli chiede di scrivere una lettera al padre per convincerlo a lasciarlo partire per Bruxelles. Dice di aver letto Anna Karenina e si meraviglia di come Tolstoj riesca a rendere simpatici al lettore tutti i suoi personaggi, anche quelli meno belli come il marito Alessio, per il quale tuttavia alcuni, come Gino Gioli, hanno molta antipatia. Dice di aver ricevuto una bella lettera da Vailati, ma di non ricordarsi ciò che gli ha scritto per Ferrari. In una nota nel margine in alto a destra gli chiede come deve comportarsi con D.L.
3) [Marina di Pisa, 23 agosto 1897]: dice che gli stanno capitando molte cose, ma non con D.L. Parla del padre, il “fiero conservatore”, che non demorde e che ha scritto a sua madre “abbraccerò Mario quando avrò le prove ch’egli ha abbandonato le sue idee”; ora si trova a Baden Baden e andrà a prenderli il 31. Parla del viaggio a Bruxelles e dei suoi prossimi spostamenti, perché vuole stare il meno possibile in famiglia.
4) [Marina di Pisa, 30 agosto 1897]: racconta che il padre ha vinto a Baden Baden un premio di 20.000 marchi, per cui spera che tornerà di buon umore e che gli concederà il viaggio a Bruxelles. Dà notizie di sé e dell’effetto del mare e delle “tristi gite a Livorno” sui propri nervi. Dice di non aver ancora scritto a Vailati in merito alla propria incerta carriera, ma crede che sarà più utile un colloquio diretto con lui a Crema. Chiede a Ferrari cosa intenda scrivere a suo padre.
5) [Pisa, 20 novembre 1897]: gli chiede come mai non scrive da tanto tempo e spera che non sia arrabbiato con lui. Confessa di essere nervoso e triste a causa delle “matematiche” e della monotonia della vita pisana. Si dice deluso dallo studio e dispiaciuto perché le troppe occupazioni non gli permettono di leggere i libri che ama.
6) [s.l., s.d.]: ha ricevuto la lettera di Ferrari con quella della signorina Togna che ha subito spedito; chiede scusa di non averglielo fatto sapere, ma avuto una “vita burrascosa”. Lo ringrazia inoltre per la lettera per sua sorella e dice di essere pentito di non aver letto la lettera indirizzata ad Amalia, ci potevano essere scritte cose che avrebbero fatto bene anche a lui; Amalia aveva riferito che la lettera era bellissima. Come Ferrari gli chiede annoterà di giorno in giorno l’umore di sua sorella Lina che è sempre molto nervosa e non si diverte in società. Scrive che però i suoi appunti non potranno essere particolareggiati perché passa poco tempo con lei. Gli appunti sulla sua vita infantile invece non progrediscono, glieli manderà a breve insieme alla sua “produzione letteraria infantile”. Inoltre chiede a Ferrari di mandargli delle domande a cui rispondere, perchè lui non sa bene cosa gli può interessare sapere. Intanto lui gli scriverà quello che gli viene in mente. Scrive infine che con la madre si comporta meglio.
7) [s.l., s.d., ma 1897]: si scusa per il lungo silenzio e comunica di essere stato, come gli aveva suggerito, da Adolfo Orvieto. Dice di aver annotato diligentemente ogni giorno l’umore di sua sorella Lina, ma che questo variava talmente poco che alla fine ha smesso; negli ultimi giorni, tuttavia, ha notato un miglioramento generale sia nei suoi rapporti con la madre sia con lo studio. Si chiede poi se alla sorella faccia bene frequentare l’amica Amalia. Parla del proprio senso di vuoto e dei propri rapporti con la famiglia. Chiede notizie della sorella di Ferrari, Selene, e del nipote, Umberto Sarteschi, che vorrebbe conoscere. Comunica che la signorina Amalia è stata ammalata ed è sempre molto nervosa.
8) [s.l., s.d., ma 1897]: confessa di aver provato più volte a scrivergli ma di aver stracciato le lettere. Ammette che ciò che gli ha scritto Ferrari è vero e si dice pronto a fare di tutto per migliorare. Ammette anche di aver agito male con sua cugina, ma di essersi comportato meglio con la sua famiglia. Parla della propria scarsa affettività e gli chiede di continuare a scrivergli.
9) [s.l., s.d., ma 1897]: si scusa di non avergli mandato “il famoso orario”, ma non è riuscito a trovarlo né a Pisa né a Livorno. Racconta che il padre è partito senza salutarli, che non scrive e che non vuole che lui e la madre tornino a casa. Dice che è “impazzito per quella idea che lo ha invaso” e che quando ha provato a parlargli timidamente delle proprie idee ha troncato il discorso dicendo che “socialisti in casa non ne voleva” e che se avesse perseverato l’avrebbe “messo fuori di casa”. Racconta di come Carlo Placci avesse raccontato al padre che Calderoni aveva manifestato tendenze al socialismo e di come il padre avesse poi gonfiato la cosa dicendo a tutti che a Firenze e a Ferrara aveva fatto propaganda. Placci poi aveva voluto conoscerlo perché Gino Gioli gli aveva detto che si occupava di studi sociali. Dice inoltre che il padre si è messo a cercare le persone che gli avevano “infuso la peste” e, tra gli altri, ha individuato anche Ferrari. Parla poi dei propri sentimenti, delle decisioni per la propria carriera: è indeciso tra gli studi sociali e quelli di fisica matematica, di cui ha scritto al Vailati. Confessa di non saper cosa fare per la gita di Bruxelles avversata dal padre.
10) [s.l., s.d., ma 1897]: gli invia dei versi poetici. Cartolina illustrata di “Pisa. Il Trionfo della Morte. Orgagna”.
11) Pisa, 29 gennaio 1898: si dice contento per aver ricevuto un suo biglietto, perché temeva che Ferrari fosse “corrucciato” con lui. Parla del proprio stato di tristezza e della propria affettività. Racconta di essere stato a Firenze, dove è riuscito a comportarsi meglio, ma è dispiaciuto di non aver incontrato e conosciuto il nipote di Ferrari. Gli chiede se può andare a far visita a sua sorella Selene Ferrari Sarteschi e lo prega di prendersi cura della propria sorella, che si trova in via di guarigione.
12) [Pisa, 4 febbraio 1898]: sul retro di una busta vuota, Calderoni comunica di aver appena letto lo studio di Ferrari sulla bambina G. [Maria Guicciardi, figlia di Giuseppe Guicciardi, cfr. G.C. Ferrari, “Manifestazioni artistiche accessuali in una bambina” in “Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale”, vol. XIX, fasc. III, 1897, pp. 119], il cui caso considera molto interessante e paragonabile al proprio tentativo poetico all’età di 8 anni. Vi ritrova infatti “l’esagerato senso di sé” tipico dell’infanzia segnalato da Ferrari.
13) [Pisa, 18 marzo 1898]: comunica di essere andato a trovare la sorella di Ferrari, Selene, e lo ringrazia per il piacere ricevuto dalla visita. Si è sentito a suo agio in quella famiglia. La sorella vuole molto bene a Ferrari e in certi momenti gli ha ricordato sua madre, potrebbe essere positivo per un riavvicinamento con lei. Ha subito rifatto amicizia con suo nipote, Umberto Sarteschi, con cui ha appuntamento l’indomani. Probabilmente studieranno insieme il tedesco. Spera di aver fatto buona impressione su di loro. Manda i saluti di sua madre, sua sorella Lina e Amalia, che si scusa di non avergli scritto perché è stata malata. Infine scrive che se Ferrari non si recherà a Firenze andrà lui a Pisa.
14) [s.l., s.d., ante Pasqua 1898]: dice di essere in vacanza, di non studiare legge, ma di leggere molto. Parla del rapporto con il nipote di Ferrari, Umberto Sarteschi, e promette di fare di tutto per conquistare l’amicizia di casa Sarteschi. Parla di Amelia Sarteschi e dà notizie di Selene Ferrari Sarteschi, sorella di Ferrari, la quale gli ha subito offerto affetto e confidenza, cosa che lui non è riuscito ad offrire. Chiede consiglio per dare un ordine e una logica alle sue letture. Dice che sta leggendo la “Morale dei positivisti” di Ardigò e che ha per le mani i “Data of ethics” di Spencer e “Il piacere e il dolore” di Dumont. Confessa che sua madre ha preso una bellissima donna di servizio e che il padre e Aleardo “si sono messi alla caccia”. Gli chiede consiglio perché, se loro non avessero successo, vorrebbe tentare lui stesso di corteggiarla. Chiede se a Pasqua andrà a Firenze o a Pisa, vuole incontrarlo e parlargli. Gli comunica che il Pontecorvo di cui parla la sorella di Ferrari, Selene, è il padrone di una fabbrica di tessuti a Pisa, e farà un’esposizione a Torino. La lettera risulta mutila nella parte centrale del primo foglio.
15) [Firenze, 10 maggio 1898, data di incerta lettura]: ringrazia per le lettere ricevute e spiega di non avergli scritto perché aspettava sue notizie dal viaggio transatlantico e non aveva nulla di nuovo da dirgli. Lo ringrazia dell’efficace aiuto che sta offrendo a sua sorella Lina e ritiene utile che anche Amalia venga seguita per migliorarsi. Scrive poi della sua affettività: è dispiaciuto che Ferrari lo abbia sgridato, ma se lo ritiene utile è giusto che continui a farlo.
16) [Pisa, 17 maggio 1898]: chiede come mai non gli ha più scritto. Nella cartolina precedente gli aveva scritto che forse sarebbe andato a Torino, chiede che cosa ha deciso in proposito. Chiede poi se la signora Guicciardi ha ricevuto i numeri del “Marzocco” che gli ha inviato. È contento che il miglioramento della sorella Lina perduri, mentre è molto scontento del proprio comportamento, perché quando si commuove si sente come uno strumento scordato, non riesce a provare affettività e a comportarsi come vorrebbe. Dice di aver interrotto la castità per due anni necessariamente, ma di aver ricominciato.
17) [Pisa, 31 maggio 1898]: avrebbe voluto inviargli una “bella letterona” invece che una cartolina, ma mancano dieci giorni agli esami e ancora deve studiare alcune materie facili ma voluminose. Intanto lo ringrazia dell’opuscolo ricevuto, l’ha trovato interessante e gli sembra scritto meglio del precedente. Dice di essersi comportato meglio nell’ultimo periodo e che la castità durerebbe da un mese, se non l’avesse interrotta “manescamente” con i due anni. Negli ultimi giorni non ha potuto vedere né la sorella di Ferrari, Selene, né suo nipote Umberto Sarteschi. Chiede se abbia deciso di andare in America a luglio oppure se potranno fare qualcuno dei viaggi progettati. Comunica che andrà ad Andorno per fare la sua cura fredda, poi forse passerà qualche giorno a Carmignano. A settembre, indipendentemente da ciò che faranno poi, intende passare qualche giorno a Reggio Emilia. Sua sorella è migliorata, lo attestano i suoi scritti e il suo comportamento.
18) [s.l., s.d., ma ante 11 luglio 1898]: risponde subito alla sua letterae ammette che riceverla gli ha fatto “moltissimo bene”. Dice che negli ultimi tempi ha attraversato una crisi intellettuale e morale perché si è trovato senza un’opinione precisa su molti argomenti, quali il socialismo e i problemi di economia politica come il protezionismo, e per questo è stato molto irrequieto. Inizia però a prendere filosoficamente anche il dubbio. Si sente spesso pervadere dall’egoismo e si trova oscillante tra due mondi di idee e sentimenti diversi: quello di suo padre e quello di Ferrari. Comprende che dovrebbe costruirsi una sua salda morale, ma l’ambiente in cui vive non lo aiuta e ha il timore di “lasciarsi andare alla corrente di questa vita frivola e monotona”. Spiega che vivere a Pisa è come vivere a Firenze, un ambiente da cui bisognerebbe uscire. L’anno successivo potrebbe andare a Torino dove, sotto la direzione di Vailati e di Lombroso, potrebbe “appassionarsi alla vita del lavoratore e del brav’uomo”. In alternativa potrebbe andare a Bologna, così potrebbe raggiungerlo spesso a Reggio, oppure andare all’estero, per esempio a Bruxelles con Gaston Leno(?), pur essendo iscritto a giurisprudenza in un’università italiana. L’unico freno a questi progetti è il padre, “il fiero antisocialista”. L’esaltazione di sua sorella Lina per la compagnia della signora Amalia potrebbe essere pericolosa, ma forse si è fatto influenzare nel suo giudizio dalla madre. Dice che Ferrari ha fatto bene a sgridarlo per il suo comportamento con la cameriera, ma visti gli esempi in casa il proprio comportamento gli è sembrato naturale. Si augura che lui decida di andare a Firenze e gli assicura che non gli deve importare del “mangia socialisti” [il padre], perché partirà subito dopo Pasqua per andare alle corse a Roma e a Napoli. Ha telefonato al hotel Victoria per avere notizie di Angelo Basevi, ma non sanno nulla; sono ambedue a Parigi e secondo Pietro tornerà presto. Gli manda i saluti della madre e della sorella Lina e gli chiede cosa faranno per l’estate: lui è stato invitato da un amico in Inghilterra, dove i Ferrari potrebbero andare dopo essere stati in Spagna.
19) [s.l.], 11 luglio 1898: ha aspettato a rispondere alla lettera di Ferrari parchè voleva scrivergli dove passerà il mese di luglio, ma non hanno ancora deciso. Nel mese di agosto andranno ad Andorno seguendo il suo consiglio. A settembre sarà a sua disposizione per andare in Inghilterra o a Dresda, sarà una scelta di Ferrari. Ha scritto al padre per cercare di “placarlo”, ma nonostante tutto non sa se potrà passare il mese di luglio da lui a Carmignano. Se non andranno potrà trascorrere 810 giorni a Reggio Emilia per passare qualche “bella giornata d’amicizia”. Chiede poi se deve scrivere alla “bella di Dresda” [la moglie di un negoziante “di quadri o di antichità”, con cui ha una relazione]. Potrebbero fermarsi a Dresda prima o dopo o senza andare a Cambridge. Ha da parte un po’ di soldi, ma non vorrebbe spenderli tutti. Dice poi che sua sorella sta migliorando e che lui ha avuto un periodo di debolezza nervosa dopo la fine degli esami. Descrive quindi il suo rapporto problematico con la madre. Ha ricevuto una lettera da Vailati che lo invita ad andare a Torino il prossimo anno.
20) [Firenze, 2 agosto 1898]: dice di non aver preso male il consiglio di Ferrari di non andare ad Avenza e di aver avuto diverse peripezie che gli racconterà poi. Non sanno ancora cosa faranno, né dove o quando andranno, anche perché i prezzi di Andorno hanno spaventato sua madre. Prima di partire vuole fargli visita a Reggio, ma deve sapere se un mese di cura fredda è sufficiente. Chiede poi cosa faranno a settembre e come va l’affare di Ferrari. Scrive quindi che i suoi nervi stanno ritrovando l’equilibrio anche se è stato un mese orribile. I due amici sono tornati a Ferrara. Parla poi della salute della sorella e chiede notizie del prof. Tamburini.
21) [s.l., s.d., ma 1898]: dice di aver ricevuto solo il giorno prima la lettera di Ferrari, consegnata a sua madre dai Morozzo dopo che era già partito da Firenze. È stato male nel leggerla “sebbene presentisse dei rimproveri”. È dispiaciuto perché non è riuscito a dimostrargli quanto gli voglia bene. I suoi rimproveri gli hanno fatto capire che in altri casi era scontento di lui, anche se aveva taciuto. Si chiede se la fiducia di Ferrari non derivi più dall’affetto nei suoi confronti che da un effettivo suo merito. Negli ultimi mesi è stato molto cattivo e si è comportato male con la madre; anche se nelle ultime settimane gli sembra di averle dimostrato più affetto. Ha ricevuto la lettera in cui Ferrari parla di ciò che la madre gli ha scritto e si è commosso. Lo prega di continuare ad aiutarlo a rendere sua madre felice. Teme di aver scritto delle bestialità nella sua ultima cartolina e dubita di sé stesso.
22) [Torino, di incerta lettura, ma probabilmente 9 febbraio 1899]: comunica di essere ritornato dal Rosemberg [editore torinese], il quale ha sbagliato scrivendo a Ferrari dell’International Dictionary, perchè Calderoni aveva parlato solo di Webster’s Dictionary, non sapendo che lo stesso autore ne avesse scritti due. Quello in suo possesso costa molto meno di 70 lire, ma il Rosenberg non ne sa esattamente il prezzo. Gli propone in alternativa il dizionario di Cassel, che è molto buono e costa 7 lire. Potrebbe scrivere direttamente a Routledge [proprietario della casa editrice londinese George Routledge & Co] per farglielo pervenire. Gli chiede delucidazioni sugli abbonamenti e avvisa che si abbonerà alla Revue quando tornerà a Firenze, ha paura di finire i soldi e non vuole chiederne altri ai suoi. Il 19 o 20 si fermerà a Reggio prima di andare a Ferrara e gli chiede se può raggiungerlo. Dalla famiglia ha buone notizie sulla sorella, mentre il padre è impazzito, ha detto di essere in viaggio fuori città, mentre passeggia per le strade di Firenze e se incontra la famiglia finge di non vederla. Per quanto lo riguarda sta studiando e “mena vita da frate”, va spesso a casa Lombroso e Guglielmo Ferrero l’ha invitato a un gabinetto letterario. Gli manda i saluti di Ruffini.
23) [s.l., 2 ottobre 1899]: lo ringrazia per la cartolina e gli chiede consiglio sul viaggio a Napoli, poiché è deciso ad andare, ma non sa se effettuare l’iscrizione. Deve ancora scrivere a Secchi, non sa se aspettare quando arriverà lui. Manda i suoi saluti a Emilia Giordani, ai colleghi e in particolare alla famiglia Guicciardi. Gli ha scritto Einaudi, che ringrazia Ferrari per le cortesi parole. Tanto Einaudi che Sella insistono per Ginevra.
24) [Firenze, 1899]: lo ringrazia della bontà che mostra nei suoi confronti e si scusa della noia che gli ha dato. La madre e la sorella sono contente della lettera di Emilia e aspettano con impazienza la sua visita. Sia lui che sua sorella sono in un buon momento. Si dice a sua piena disposizione per aiutarlo nel lavoro e gli chiede di inviargli presto il James. Dice che scriverà presto a Matilleau(?). Manda i suoi saluti ai Giordani, ai Guicciardi e ai colleghi.
25) [Firenze, 13 novembre 1899]: lo ringrazia della cartolina e lo avvisa che il martedì successivo partirà con la madre e la sorella per Bologna, mentre il mercoledì sarà a pranzo con lui, anche se ripartirà subito perché ha appena saputo che le lezioni di Gaetano Mosca sono già cominciate. Gli dispiace di non potergli portare il James finito perchè non ha ancora ricevuto il Briefer Course [l’altra opera di James “Psychology (Briefer Course)” del 1892]. Assicura che lo terminerà prestissimo e che tradurrà anche la recensione HumeLocke di James. Dice che la sua cartolina gli ha fatto piacere anche perché lo sente sollevato e contento. Per quanto riguarda i suoi, il padre, il “tiranno”, è a casa, mentre sua madre e sua sorella sono a Bologna. Potrebbe essere l’occasione per incontrare Emilia e farla andare a Firenze a conoscere quest’altra sua famiglia. Gli farà sapere il nome dell’albergo in cui alloggeranno. Lo prega di salutare tutti i colleghi, Giuseppe Guicciardi ed Emilia.
26) [Torino, 25 novembre 1899]: gli scrive dalla camera di Ruffini, con cui sono già diventati vecchi amici. Ha trovato una camera in via Maria Vittoria 27, ma non è quella che aveva “adocchiato” Ruffini perché il suo telegramma è arrivato tardi. Dice di non essere ancora andato a trovare Vailati e i Lombroso. In calce è presente un saluto di Ruffini, che gli scrive che Calderoni è un gran bravo ragazzo ed è contento di averlo conosciuto e di lavorare con lui.
27) [Torino, 1899]: lo ringrazia della cartolina e si scusa del lungo silenzio dovuto al lavoro, lo pensa e gli vuole bene comunque. Stessa cosa vale per sua sorella. Il “matto” ha scritto alla madre lamentandosi del suo silenzio e dicendo che fra pochi giorni andrà a Firenze. Ha scritto alla nonna Carolina dicendogli che tra qualche giorno andrà a Firenze in modo che anche il padre legga la lettera. Sua madre, poveretta, non sa che fare, non vorrebbe vederlo. Avvisa che si fermerà a Reggio andando o tornando da Firenze. Dice che R. sta migliorando ed è di buon umore e meno “superuomo del solito”. Lui sta lavorando molto sia per [Salvatore] Cognetti [de Martiis], sia per un lavoro sul fatalismo che non dispiace a Vailati. Chiede poi se ha letto la prolusione di Vailati, di cui deve fare una recensione per Lombroso. Racconta di essere andato domenica con Vailati a pranzo dai Lombroso e dice di frequentare molto anche il prof. Gaetano Mosca. Manda i suoi saluti ai colleghi e alla signora Guicciardi e riferisce i saluti e i rallegramenti dei Lombroso.
28) [s.l., s.d.]: dice di non avergli scritto prima perché la sua lettera lo ha sconfortato e gli ha tolto la speranza di migliorare. Ha avuto bisogno comunque di rileggerla molte volte e ogni volta l’ha interpretata diversamente. Si dice però ottimista e pensa che con l’aiuto di Ferrari potrà migliorare la sua affettività. E’ convinto di non riuscire a essere solidale perché non ha vissuto esperienze dolorose. Passa quindi ad analizzare e commentare alcuni punti della lettera di Ferrari.
29) [s.l., s.d.]: afferma che l’ultima lettera ricevuta gli ha messo pena, perché Ferrari ha visto nel suo comportamento quello che lui gli diceva da tempo, cioè la totale mancanza di affettività. Si stupisce che non se ne fosse accorto prima; lo prega di non allontanarsi da lui e gli chiede se ci può essere un rimedio a questo suo difetto, se la sua mancanza di empatia per il dolore altrui sia dovuta al fatto che lui non ne ha mai provato e se può “allenare” il suo cuore all’affettività, come lo ha educato alla moralità. Chiede spiegazioni su alcuni punti della lettera ricevuta. Gli sembra strano che Ferrari attribuisca anche alla sorella Lina una mancanza di affettività, a lui sembra che provi fin troppi sentimenti. Dice che c’è stato un equivoco sul suo uso della parola “soggiogare”, che voleva essere un complimento da parte della madre per l’ascendente positivo che Ferrari ha su di lui. Avvisa che ha mandato le 10 lire a Prampolini e che presto gli manderà le 20. Sta leggendo il libro [“Mon journal”] di M[Marie] Bashkirtseff e gli sembra curiosa la figura del padre, “somigliante a qualcuno di loro conoscenza”; dice che scriverà le sue impressioni a libro finito.
30) [s.l., s.d.]: si scusa per il lungo silenzio, tra il carnevale e lo studio ha avuto poco tempo. Afferma di essersi comportato abbastanza bene con sua madre e di riuscire a provare anche dei sentimenti; gli descrive l’impressione che gli ha fatto vedere sua madre senza dentiera e parla del libro che sta leggendo, “L’éducation de la volontè” di Jules Payot, che parla molto della sensibilità e dell’affettività. Dice che la sua salute è migliorata, e che per la sordità si è rivolto al dott. Fairman e poi al dott. Toti, il quale gli ha prescritto una cura al “retronaso”. Se la cura non dovesse funzionare dovrà operarsi. Dice che dopo aver finito il libro della Bashkirtseff ha iniziato a leggere “Les cosaques”, come Ferrari gli aveva consigliato e dice che prova simpatia per l’autrice, ma non vorrebbe essere lei. Non sa invece dare il suo parere sul “Journal”. Dice ancora che gli sembra di aver avuto un caso di telepatia e e che ha vissuto varie volte fenomeni di paramnesia, senza riuscire a dar loro una spiegazione; tuttavia una governante gli spiegò che si trattava di testimonianze di una vita precedente. Non ricorda tuttavia quando gli sia successo per la prima volta. Riferisce quindi le esperienze di varie persone con cui ne ha parlato.
31) [s.l., s.d., ma Torino, 1899]: si scusa del lungo silenzio e lo ringrazia di avergli presentato Ruffini. Non gli ha subito scritto del suo soggiorno a Torino perchè nei primi giorni è stato un po’ depresso. La compagnia di Ruffini invece di migliorare il suo umore ha peggiorato le cose: il confronto con lui lo faceva sentire più stupido e malinconico. Ora sta bene, ha iniziato a lavorare e al Laboratorio di economia gli hanno subito assegnato un tema da trattare. Dice di aver cercato Vailati, il quale però durante la settimana si trova a Pinerolo, dove insegna matematica al liceo e all’istituto tecnico e torna a Torino solo nel fine settimana. È stato Vailati a presentargli Cognetti e altri intellettuali, mentre anche i Lombroso l’hanno accolto con grande cordialità e l’hanno subito invitato a pranzo. Cesare Lombroso gli ha anche affidato il compito di scrivere rassegne di articoli inglesi per l’Archivio. In casa sua ha anche incontrato [Guglielmo] Ferrero, che gli ha chiesto di salutare Ferrari. Comunica che la madre gli scrive spessissimo, mentre Ferrari avrà constatato che la lettera di suo padre era benigna fino ad un certo punto. Il padre si trova a Firenze e si comporta come un pagliaccio mostrandosi ovunque con la sua “sartina ferrarese”. Lo avvisa di avergli spedito il dizionario di inglese e di parlare spesso con Ruffini di lui; discutono anche di psicologia e non gli sembra che il pensiero di Ruffini sia così “disordinato intellettualmente” come diceva Ferrari. Dice che il periodo di depressione gli ha fatto sembrare tutto al di sopra delle sue possibilità, anche il lavoro assegnatogli da Cognetti, ma ora si sente meglio grazie all’affetto di tutte le persone che pensano a lui.
32) [s.l., s.d., ma Torino, 1899]: comunica che la madre e la sorella sono ripartite per Firenze dopo un soggiorno di 12 giorni. Voleva scrivergli da tanto e la sua cartolina piena di rimproveri gli ha dato un dispiacere. Si rende conto che la sua pigrizia è imperdonabile, ma è stato impegnato a mostrare Torino a sua madre e sua sorella, le quali si sono già affezionate a Emilia e hanno capito del loro rapporto senza bisogno di spiegazioni. Hanno anche stretto amicizia con Ruffini. Parla delle incomprensioni tra la madre e la sorella e dice che Lina è in crisi morale e religiosa, si trova ad avere diversi dubbi e cambia idea a seconda delle varie influenze. Racconta poi di Amalia, l’amica di sua sorella, per cui Lina e la madre hanno discusso. Dice che ha portato sua madre e sua sorella a casa Lombroso, dietro invito della signora Gina, che ha conquistato la simpatia di Lina. Con lei sono andati anche al Museo di arte moderna e allo studio dello scultore Leonardo Bistolfi, di cui Paola [Lombroso] ha scritto un articolo sull’ultimo numero del Simposium. Gli chiede se andrà a trovarlo, lo aspettano anche Vailati e Ruffini. Dice che Vailati è molto paziente con lui, lo indirizza e lo sprona al lavoro. Vede spesso anche Ferrero mentre non ha ancora avuto modo di conoscere Pellizzi. Manda i suoi saluti a Tamburini, a tutti i colleghi e alla famiglia Guicciardi. Il secondo foglio della lettera è mutilo della parte superiore.
33) [s.l., s.d.]: dice di aver ricevuto la lettera e riconosce che i suoi rimproveri sono giusti: era già scontento di se stesso e le sue parole l’hanno reso “malinconico, ma certamente più buono”. Parla della propria crisi nell’ultimo mese e della propria anaffettività. Spiega che la madre ha coperto parte del suo debito con Ferrari e spera che non si sia offeso per questo. Alla lettera acclude poi altre 20 lire.
34) [Torino, 10 marzo 1901]: commenta la fotografia stampata sulla cartolina, in cui sono presenti, insieme a lui (che si sente “uscito con un’aria estremamente cretina”), il matematico Giovanni Vacca (n. 1), Franchetti (n. 2), Luigi Agliardi (n. 3). Ringrazia Ferrari della cartolina e avvisa che sarà a Reggio il lunedì di Pasqua e che lo vedrà anche prima di andare a Firenze. Gli chiede se ha il libro di Hugo Münsterberg “Die willenshandlung”. Racconta di essere stato a pranzo a casa Lombroso-Ferrero, dove ha incontrato il giornalista e deputato [Olindo] Malagodi poco prima del suo ritorno a Londra. Cartolina fotografica della: “Premiata fotografia M. Fiorino di Torino”.
35) Roma, giovedì [25 aprile 1901]: si congratula con lui perché ha saputo dal prof. Ezio Sciamanna che ha vinto il concorso di Arezzo e gli chiede cosa abbia deciso di fare in proposito. Comunica che il prof. Mors[elli] lo ha esortato a scrivere e lo ha accettato molto volentieri, ma teme che rimarrà deluso quando capirà con chi ha a che fare. Lo avvisa che presto sarà a Reggio per poche ore e passerà a salutarlo. Dice che Gabriele D’Annunzio, raffigurato nella cartolina, lo ha entusiasmato con la sua “Canzone di Garibaldi” ed è anche “un dicitore perfetto”. Cartolina illustrata di “Gabriele D’Annunzio”.
36) [Torino, 5 maggio 1901]: spera che Ferrari abbia ricevuto la sua cartolina scritta appena arrivato a Torino e racconta che dopo il fiasco fiorentino è tornato nel capoluogo piemontese malinconico. Riferisce che il “del[delinquente]”, cioè il padre, è tornato a Ferrara e non si occupa più di nulla. Non vede l’ora che passi il periodo degli esami per rimettersi a lavorare per conto suo,ma teme di non concludere nulla di buono dal punto di vista intellettuale. Gli chiede se si è già trasferito nella nuova abitazione.
37) [Torino, 13 maggio 1901]: dice che avrebbe voluto scrivergli prima, ma sperava di vedere Lombroso per riferirgli la commissione di Ferrari. Non è ancora riuscito a vederlo, ma andrà da lui a pranzo. Racconta di non aver più scritto al del. [delinquente] per varie ragioni, ma principalmente perchè sua madre deve aver fatto pervenire una lettera alla donna spiegandole l’accaduto, di cui lei non sapeva niente.
38) Settignano, [Firenze], 21 luglio 1901: dice di aver ricevuto in ritardo la sua cartolina da tradurre e di averla passata a [Guido Yule] Giglioli perché alcuni punti gli sono risultati poco chiari; si augura che ormai l’abbia ricevuta tradotta. Comunica inoltre di aver ricevuto una lettera di cinque pagine dal padre (il “delinquente”) con una requisitoria contro di loro. Parla della tesi, quasi terminata, e propria sistemazione a Settignano. Manda i suoi saluti a Emilia e a gli altri colleghi. Cartolina illustrata di: “Settignano. Panorama”.
39) [Torino, 3 novembre 1901]: annuncia che ha terminato gli esami e che attende il giorno della laurea, mentre poi si recherà a Losanna ad accompagnare Gino Gioli da uno “specialista degli occhi”. Di ritorno andrà a Crema, a Bergamo e poi a Reggio mentre Lina è a Ferrara dove aspetterà il ritorno del padre. Dice di essere stato a casa Lombroso, dove ha incontrato Scipio Sighele con la moglie. Comunica di aver fatto mandare una copia a Tamburini e annuncia che scriverà a Ferrari i punti del lavoro che vorrebbe mettere in rilievo.
40) [Cernobbio, 13 novembre 1901]: racconta che con Giovanni Vailati, Gino [Gioli] e Paolo Celesia si è recato a fare una passeggiata a Cernobbio. Alle 17 partirà per Bergamo, dove alloggerà alla Posta, mentre due giorni dopo sarà a Reggio e da lì farà una scappata a Ferrara. Dice che Celesia non è a Cernobbio da vari giorni, quindi Vailati non ha potuto comunicargli la commissione di Ferrari. Cartolina illustrata “Veduta di Cernobbio colla Villa d’Este”.
41) Firenze, 15 dicembre 1901: scrive che Vailati non è ancora tornato e non è possibile sapere quando tornerà. Cartolina illustrata con fotografia di un gatto.
42) Schönbühel bei Melk, 27 giugno 1902: scrive di essere arrivato da tre giorni e di essersi “ormai installato nelle mie qualità di ospite, di insegnante, di scolaro etc.”. Racconta di essere stato tre giorni a Monaco, dove ha visto Anna e “quella del caffè Luitpold”. A Schönbühel è stato accolto molto cordialmente dai Brentano e il posto è bellissimo. Trascorre la giornata tra le lezioni al figlio di Brentano, le chiacchierate con il padre, le passeggiate e lo studio. Sicuramente avrà molto tempo per lavorare. La seconda parte della cartolina è mutila, ma si legge il nome di Marty, allievo di Brentano.
43) [Praga, 16 settembre 1902]: Cartolina illustrata di “Praga. St. Veitsdom.” firmata da Calderoni e Vailati.
44) [Genova, 9 novembre 1902]: Cartolina illustrata di “Genova. Porto” con i saluti di Calderoni e Guido Giglioli.
45) [Firenze], 12 gennaio 1903: avvisa che sta per spedirgli il James e che tutti i capitoli meritano di essere pubblicati, mentre taglierebbe piuttosto qualche paragrafo troppo lungo o di interesse troppo anglosassone o protestante. Ha problemi di salute, la cura che sta facendo non ha avuto effetti positivi. Scrive quindi della sua situazione emotiva.
46) [Firenze, 24 dicembre 1903]: conferma di aver fatto vedere le schede a Vailati, il quale però non aveva capito che erano anche per lui, quindi ora cercheranno insieme di firmarle e farle firmare. Si lamenta però della mancanza di un programma dei lavori allegato. Augura a Ferrari e alla famiglia buone feste. Cartolina illustrata di “Firenze (Contorni). Salone della Torre del Gallo”
47) [Collio Val Trompia, 17 agosto 1904]: chiede se Ferrari si trovi a Bologna o a Milano e dice di aver fatto un esperimento di dettatura con Medea che “pare riuscito”. Manda i saluti a tutta la famiglia. Cartolina illustrata di “Collio Val Trompia. Piazza Giuseppe Zanardelli”.
48) [Firenze, 13 maggio 1905]: ringrazia per la lettera e comunica di avere ospite a casa sua [Gregorio] Itelson, che lo tiene molto occupato. Si dice molto abbattuto per questioni sentimentali e lo informa che andrà presto a trovarlo.
49) [Venezia, 26 giugno 1908]: comunica di essere rimasto due giorni in più a Venezia e di non poter quindi passare da Bologna come programmato. Annuncia che la sorella ha partorito un maschio e lo avvisa che da sabato sarà a Viareggio all’Hotel Nice. Lo ringrazia della lettera e spera di riuscire a organizzare con Ferrari la piccola villeggiatura estiva. Gli propone di raggiungerlo a Viareggio per qualche bagno in attesa di partire per la Germania il 18 o 19. Cartolina illustrata di “Venezia. Reale Accademia di S. Giorgio (Andrea Mantegna)”.
50) [Firenze, 8 giugno 1909]: lo avvisa che gli manderà a giorni il tiposcritto delle bozze del secondo capitolo e gli assicura che a breve riceverà la circolare che lui, Vacca e Ricci dirameranno per la sottoscrizione in favore della pubblicazione delle opere di Vailati. Gli chiede di sottoscriverla, diffonderla e di pubblicarla sulla rivista. Confessa di aver faticato a completare il secondo capitolo, di cui aveva scritto solo una parte insieme a Vailati e comunica che inserirà una nota preliminare in cui spiegherà che la prima parte è scritta in collaborazione con Vailati e che la seconda parte è scritta solo da lui. Assicura che quando andrà a Crema chiederà un ritratto di Vailati, anche pensa che sia difficile averlo.
51) [s.l., 23 giugno 1909, ma data di incerta lettura]: gli spedisce le bozze per la commemorazione di Vailati, alla quale non può togliere il carattere di commemorazione perché non intende stravolgere il testo; propone però di eliminare l’ultima parte, togliendola anche dagli estratti indirizzati ai parenti e agli amici cremaschi di Vailati. Avvisa di essersi messo in contatto con lo Stabilimento Poligrafico Emiliano, con cui è nata una discussione sul formato della pagina, perché aveva spedito loro il campione del Landi. Ha però ricevuto un’offerta eccellente dallo Stabilimento Aldino e gli comunica i prezzi. Chiede a Ferrari se il 28, quando passerà da Bologna per andare a Pontresina, riusciranno a vedersi. Dice che negli ultimi giorni ha lavorato molto, sia alla continuazione del volume “Il Pragmatismo”, sia alla preparazione del corso sull'”Etica a Nicomaco” per l’anno successivo. Manda i suoi saluti e quelli di Giovanni Vacca.
52) [Firenze, 11 agosto 1910]: dice di aver spedito allo Stabilimento Poligrafico Emiliano il pacco con il tiposcritto dell'”arbitrario”, non ancora terminato, ma sufficiente per un numero della Rivista. Gli raccomanda di pubblicarlo integralmente sul prossimo numero. Spera di poter leggere le bozze due volte, anche se le correzioni non saranno gravi. Annuncia che tornerà a Viareggio e poi si recherà a Celerina per qualche giorno. Dice che prima di spedire l’arbitrario a Bologna ha deciso di cambiarne l’ordine, quindi ha dovuto lavorare molto di forbici e colla. Lo informa che è in corrispondenza con Pikler, che sta anche finendo l’indice per il Vailati e che ha scritto a Giovanni Amendola, ma non riuscirà a consegnare la discussione per il 15, perchè si trova a Firenze mentre Amendola è a Roma. Propone che Amendola mandi una nota di critica alla quale lui potrebbe rispondere nel numero successivo.
53) [Firenze, 18 ottobre 1910]: non avendo da tempo sue notizie, chiede se deve continuare a scrivere per le adesioni al Congresso o meno. Dice di non aver saputo niente da Giuseppe Tarozzi e da Giovanni Vidari e che sarebbe meglio se parlasse Ferrari. Vuole anche sapere entro quando mandargli l’articolo sull'”arbitrario” e quando arriveranno gli estratti dell’altro articolo dallo Stabilimento Poligrafico. Annuncia di aver terminato l’indice per il libro di Vailati, un “lavoro colossale”, di aver riscritto l’ultima parte dell’articolo sull’arbitrario e di avere iniziato il quarto e ultimo capitolo. Il volume sul pragmatismo si accenna bene e sta anche lavorando alla prolusione che farà a Bologna; gli chiede di informarsi su quando inizierà il corso. Dà notizie sulla salute della madre e della sorella.
54) [Parigi], 13 luglio 1912: lo ringrazia per la lettera del 9 luglio e per “il “verdetto di Milani”. Parla della propria salute e della propria emotività. Racconta della vita parigina e dice che la città non ha corrisposto pienamente alle sue aspettative, soprattutto dal lato intellettuale, perché ha conosciuto poche persone interessanti e anche miss Paget, che aveva insistito perché si recasse in Francia, l’ha un po’ abbandonato. a trovato inoltre i Luchaire occupatissimi e i francesi in generale poco interessati ai suoi argomenti “(guerra, questioni di diritto dei popoli, politica internazionale, questioni di storia della conoscenza, […], pragmatismo)”. Avvisa che si fermerà a Parigi fino al 17 e poi andrà a Tronville dai Finaly.
55) [s.l., 3 settembre 1912]: ringrazia per la cartolina e dice che sono tornati da Vacchereccia dopo una gita in automobile a San Marino, Rimini, Pesaro, Urbino e altri luoghi. Dà notizie della madre, della sorella Lina e di suo marito Yule [Guido Yule Giglioli], parla dei gatti di Ferrari e dei propri. Racconta di aver passato un’estate agitata e di aver avuto parecchi disturbi di salute quando era ospite a Tronville, tanto che i Finaly gli hanno consigliato di consultare il professor Fernand Widal una volta tornato a Parigi. Widal ha però confermato la diagnosi di nevrastenia già pronunciata da Ferrari e da Guido Yule Giglioli. Dice di aver seguito una cura prescrittagli dallo stesso Widal e di essersi sentito meglio, tanto da decidere di intraprendere il viaggio in Germania. Continua dicendo di aver trascorso a Parigi otto bellissimi giorni con la donna amata, che l’ha poi lasciato per un amante di vecchia data e di essere infine giunto a Saint Briac, paesino della Bretagna, dove con Luchaire ha passato giornate di malinconia terribile, anche perché pioveva spesso e la sua accompagnatrice era in crisi sentimentale e morale. Dice di essere arrivato a Parigi tardi per vedere le persone che lo interessavano e che miss Paget lo ha un po’ abbandonato. A Saint Briac ha tentato di scrivere la recensione al libro di Schiller in cui esprimeva idee care al prof. Dorniac (il padre di Luchaire), ma senza esito. Si dice preoccupato per il proprio futuro, ma è contento di essere stato un buon amico per Luchaire. Dice che secondo Guido Yule Giglioli non è più necessario che vada a Salsomaggiore dopo il verdetto di Milani. Lo avvisa che a breve si recherà a Viareggio e gli manda l’indirizzo.
56) [Viareggio, 15 settembre 1912]: rassicura Ferrari del fatto che ha apprezzato la sua lettera e che ha tardato a scrivergli perché lo credeva a Bergamo. Gli conferma che accetta e accetterà sempre i suoi rimproveri con rispetto filiale. Racconta di aver ricevuto una lettera dall’amica francese in cui si congedava da lui e dice di essere comunque contento perché si sentiva umiliato dal suo silenzio. Parla del proprio stato d’animo malinconico e della paura di tenere il corso, che tuttavia affronterà, seguendo il consiglio di Ferrari. Dice di aver comunque inviato il programma in tempo, anche se a Bologna ci sono tre liberi docenti di filosofia morale a dividersi la “magra torta”. L’ambiente bolognese del resto gli sembra poco stimolante, come quello di Firenze. Annuncia di voler fare un viaggio a Budapest ad ottobre, visto che ha ricevuto un invito ed è riuscito a risparmiare.
57) [Firenze, 8 giugno 1914]: lo avvisa che arriverà a Bologna e che, se vuole, possono pranzare insieme.

Estremi cronologici

22 Agosto 1896 – 8 Giugno 1914

Consistenza

74 carte

Collocazione fascicolo

b. 4, fasc. 5
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