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1) [Pavia, 10 agosto 1836]: Scrive a Verga per dare e avere notizie. Dopo i giorni di Pavia è stato molto impegnato nella sua attività di insegnamento. Sa che Verga è stato impegnatissimo nella lotta contro il colera e chiede particolari sull’attuale situazione. Descrive a sua volta la situazione che ha vissuto a Pavia: “a tutt’oggi 10 agosto, gli amalati furono 46, le morti un terzo meno. Si usa il metodo dei sequestri. I medici vagano nella cura. (…). Del resto qui in Pavia possiamo forse aver fiducia che il morbo non debba scoppiare con gran veemenza. Sono ormai 40 giorni, e non c’è aumento”. Esorta Verga a recarsi a Pavia dove colleghi e amici chiedono di lui. Lo informa della salute della madre e della proroga della laurea di Polli. Nel post scriptum informa Verga che Rasori sta per pubblicare la sua “Teoria dell’infiammazione morbosa” e che ora si trova a Milano ad assistere i colerosi presso l’Ospedale Fatebenfratelli, sottoponendoli al suo metodo di cura basato sull’idea che il colera sia una “malattia di stimolo”, come sostiene anche Tommasini, e sia quindi necessario “attenersi strettamente al metodo antiflogistico”. Descrive nel dettaglio la metodologia adottata.
2) Mil[ano], 12 dicembre 1838: Spiega che gli aveva scritto, ma che la lettera con cui gli presentava un giovane che si recava a Pavia per far visitare il suo collo dai celebri professori gli è stata restituita, perché il paziente ha deciso di “abbandonare la sua malattia alla Provvidenza”. Si rallegra nel leggere che Verga è sano ed allegro e che lavora come un cane, “lavoro che promette tante utili osservazioni senza far male a nessuno, perché i tuoi pazienti [i morti] non si lagnano mai”. Desidera passare con lui molte ore a Pavia e dice di sentire “più che mai il bisogno di conoscere la fisiologia del cervello”, che solo Verga può soddisfare. Purtroppo non riuscirà ad andare a Pavia prima di novembre, anche perché il 26 agosto partirà per la campagna. Gli chiede quindi di andare a trovarlo a Como. Chiede notizie del rettore Villa e gli manda i propri saluti. Chiede anche se De Filippi pensa che lui [Ravizza] possa entrare a far parte, l’anno successivo, del Museo De Cristoforis. Gli invia i saluti di Polli, che “ha tempo anche di pensare alla medicina ed alla chimica”. Dice di aver visto il bell’articolo di Verga sul Giornale medico di Pavia e pensa che “vicino al Prof. Panizza l’amore della scienza e i grandi pensieri non debbono lasciarti mai stare”. Gli chiede di salutare il professore. Gli invia infine i saluti della madre, di Bonomi e di Restelli.
4) Barasso (Varese), 3 settembre 1842: Scrive di trovarsi a Barasso da due giorni in villeggiatura, ma di sentire la sua mancanza. Spera che mantenga la promessa di andare a trovarlo e lo avvisa che ogni lunedì troverà a Biumo superiore, in casa Litta, il proprio cugino (il signor Maggioni, agente di Casa Litta) che lo aspetterà per condurlo da lui. In qualunque altro giorno andrà lui stesso a prenderlo. Dice che per le svariate seccature ha dovuto partire senza salutarlo e sente di dover espiare questa colpa. Gli invia i saluti della madre.
5) Barasso (Varese), 9 ottobre 1842: Confessa che la sua lettera li ha rattristati, togliendo loro la speranza di averlo ospite per qualche giorno. Ma comprende che il dovere l’ha richiamato altrove. Dice di aver fatto le sue scuse al dottor Fava e di non aver potuto vedere Dandolo, che tuttavia andrà a trovare presto e con il quale parlerà di lui. Gli invia i saluti della madre, che ama Verga “come figlio”. Spera che potrà raggiungerli a Varese nei primi giorni di novembre, quando il dottor [Domenico] Muggetti sarà tornato dalla campagna.
6) Milano, 28 agosto 1846: Scrive anche se non sa se si trovi ancora in Gavirate. Si dice sorpreso e afflitto dalla notizia che gli ha inviato, ma “in mezzo alla disgrazia fu pur una fortunata combinazione l’aver trovato un tal medico!” Spera “che al gran male basti un così pronto e buon rimedio”. Gli chiede se riuscirà a fare le gite che aveva programmato, anche se questa volta lui non potrà accompagnarlo. Dice di essere stato dal suo direttore [Domenico Muggetti] e che “il vecchio mariuolo”, nel vederlo, ha cominciato “a disperarsi del suo stato”, poiché senza Verga “è un uomo che non sa più raccapezzarsi”. Spiega che a Mariano vi è un malato che rifiuta di andare all’ospizio [di San Celso] se Verga non va a prenderlo al più presto e che un altro ammalato “gli dà da pensare seriamente”. Conclude sperando di poter stare con l’amico per quattro o cinque giorni, anche se forse non potrà lasciare Milano prima del sabato successivo.
7) Barasso (Varese), 12 settembre 1846: comunica che il segretario Contini, prima di partire per Milano, ha voluto fare ancora una passeggiata a Barasso, e Ravizza coglie l’occasione per scrivere all’amico Verga, che spera ancora di poter accogliere nella propria “amena casetta”. Dice di aver fatto una passeggiata a Gavirate e di aver visto Maggioni – riconoscentissimo nei confronti di Verga – il quale sembra rimettersi in forze. Gli invia i saluti della madre.
8) Barasso (Varese), 21 ottobre 1847: Risponde alla sua lettera in presenza dell’abate Crivelli (già condiscepolo di Verga e in quel momento coadiutore a S. Tommaso), che sta partendo per Milano. Dice di aver avuto sue notizie da Filippo De Filippi, passato per Luvinate e dà a contestualmente notizie della propria salute. Il 4 novembre rientrerà a Milano e spera che con le cure di Verga sarà in grado di riprendere le lezioni. Gli invia i saluti della madre e parla del dottor De Filippi padre, il quale, ormai “disgustato della professione medica” e con i figli lontani ha deciso di stabilirsi a Luvinate, “alle falde del Campo de’ fiori”. Immagina che Verga al carnevale di Venezia si sia divertito e aspetta di sentire dalla sua voce la relazione del Congresso. Lo ringrazia della lettera e del plico che ha fatto recapitare per suo conto e spera di vederlo presto. Invia infine i propri saluti ai signori Contini.
9) Mil[ano], 8 luglio [s.a.]: Poiché uno dei suoi più bravi studenti gli ha domandato se avesse una lettera per il dottor Verga, gli scrive anche se sta ancora attendendo una sua risposta. Spera che Verga sia riuscito ad intendersi con qualcuno dei librai e lo esorta – se questi non si accontentano del 10% – ad accordarsi eventualmente anche il 12 o il 15. L’importante, per lui, è poter aggiustare i conti senza aspettare fino a gennaio. Lo avvisa inoltre che martedì invierà gli esemplari. Manda i propri saluti al rettore Villa.
10) [Milano], 3 febbraio [s.a.]: Scrive che “forse fu in gran parte un timor panico” e lo prega di non passare da lui in serata, ma di farlo l’indomani mattina presto.
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10 lettere del filosofo e letterato Carlo Ravizza (1811-1848):1) [Pavia, 10 agosto 1836]: Scrive a Verga per dare e avere notizie. Dopo i giorni di Pavia è stato molto impegnato nella sua attività di insegnamento. Sa che Verga è stato impegnatissimo nella lotta contro il colera e chiede particolari sull’attuale situazione. Descrive a sua volta la situazione che ha vissuto a Pavia: “a tutt’oggi 10 agosto, gli amalati furono 46, le morti un terzo meno. Si usa il metodo dei sequestri. I medici vagano nella cura. (…). Del resto qui in Pavia possiamo forse aver fiducia che il morbo non debba scoppiare con gran veemenza. Sono ormai 40 giorni, e non c’è aumento”. Esorta Verga a recarsi a Pavia dove colleghi e amici chiedono di lui. Lo informa della salute della madre e della proroga della laurea di Polli. Nel post scriptum informa Verga che Rasori sta per pubblicare la sua “Teoria dell’infiammazione morbosa” e che ora si trova a Milano ad assistere i colerosi presso l’Ospedale Fatebenfratelli, sottoponendoli al suo metodo di cura basato sull’idea che il colera sia una “malattia di stimolo”, come sostiene anche Tommasini, e sia quindi necessario “attenersi strettamente al metodo antiflogistico”. Descrive nel dettaglio la metodologia adottata.
2) Mil[ano], 12 dicembre 1838: Spiega che gli aveva scritto, ma che la lettera con cui gli presentava un giovane che si recava a Pavia per far visitare il suo collo dai celebri professori gli è stata restituita, perché il paziente ha deciso di “abbandonare la sua malattia alla Provvidenza”. Si rallegra nel leggere che Verga è sano ed allegro e che lavora come un cane, “lavoro che promette tante utili osservazioni senza far male a nessuno, perché i tuoi pazienti [i morti] non si lagnano mai”. Desidera passare con lui molte ore a Pavia e dice di sentire “più che mai il bisogno di conoscere la fisiologia del cervello”, che solo Verga può soddisfare. Purtroppo non riuscirà ad andare a Pavia prima di novembre, anche perché il 26 agosto partirà per la campagna. Gli chiede quindi di andare a trovarlo a Como. Chiede notizie del rettore Villa e gli manda i propri saluti. Chiede anche se De Filippi pensa che lui [Ravizza] possa entrare a far parte, l’anno successivo, del Museo De Cristoforis. Gli invia i saluti di Polli, che “ha tempo anche di pensare alla medicina ed alla chimica”. Dice di aver visto il bell’articolo di Verga sul Giornale medico di Pavia e pensa che “vicino al Prof. Panizza l’amore della scienza e i grandi pensieri non debbono lasciarti mai stare”. Gli chiede di salutare il professore. Gli invia infine i saluti della madre, di Bonomi e di Restelli.
4) Barasso (Varese), 3 settembre 1842: Scrive di trovarsi a Barasso da due giorni in villeggiatura, ma di sentire la sua mancanza. Spera che mantenga la promessa di andare a trovarlo e lo avvisa che ogni lunedì troverà a Biumo superiore, in casa Litta, il proprio cugino (il signor Maggioni, agente di Casa Litta) che lo aspetterà per condurlo da lui. In qualunque altro giorno andrà lui stesso a prenderlo. Dice che per le svariate seccature ha dovuto partire senza salutarlo e sente di dover espiare questa colpa. Gli invia i saluti della madre.
5) Barasso (Varese), 9 ottobre 1842: Confessa che la sua lettera li ha rattristati, togliendo loro la speranza di averlo ospite per qualche giorno. Ma comprende che il dovere l’ha richiamato altrove. Dice di aver fatto le sue scuse al dottor Fava e di non aver potuto vedere Dandolo, che tuttavia andrà a trovare presto e con il quale parlerà di lui. Gli invia i saluti della madre, che ama Verga “come figlio”. Spera che potrà raggiungerli a Varese nei primi giorni di novembre, quando il dottor [Domenico] Muggetti sarà tornato dalla campagna.
6) Milano, 28 agosto 1846: Scrive anche se non sa se si trovi ancora in Gavirate. Si dice sorpreso e afflitto dalla notizia che gli ha inviato, ma “in mezzo alla disgrazia fu pur una fortunata combinazione l’aver trovato un tal medico!” Spera “che al gran male basti un così pronto e buon rimedio”. Gli chiede se riuscirà a fare le gite che aveva programmato, anche se questa volta lui non potrà accompagnarlo. Dice di essere stato dal suo direttore [Domenico Muggetti] e che “il vecchio mariuolo”, nel vederlo, ha cominciato “a disperarsi del suo stato”, poiché senza Verga “è un uomo che non sa più raccapezzarsi”. Spiega che a Mariano vi è un malato che rifiuta di andare all’ospizio [di San Celso] se Verga non va a prenderlo al più presto e che un altro ammalato “gli dà da pensare seriamente”. Conclude sperando di poter stare con l’amico per quattro o cinque giorni, anche se forse non potrà lasciare Milano prima del sabato successivo.
7) Barasso (Varese), 12 settembre 1846: comunica che il segretario Contini, prima di partire per Milano, ha voluto fare ancora una passeggiata a Barasso, e Ravizza coglie l’occasione per scrivere all’amico Verga, che spera ancora di poter accogliere nella propria “amena casetta”. Dice di aver fatto una passeggiata a Gavirate e di aver visto Maggioni – riconoscentissimo nei confronti di Verga – il quale sembra rimettersi in forze. Gli invia i saluti della madre.
8) Barasso (Varese), 21 ottobre 1847: Risponde alla sua lettera in presenza dell’abate Crivelli (già condiscepolo di Verga e in quel momento coadiutore a S. Tommaso), che sta partendo per Milano. Dice di aver avuto sue notizie da Filippo De Filippi, passato per Luvinate e dà a contestualmente notizie della propria salute. Il 4 novembre rientrerà a Milano e spera che con le cure di Verga sarà in grado di riprendere le lezioni. Gli invia i saluti della madre e parla del dottor De Filippi padre, il quale, ormai “disgustato della professione medica” e con i figli lontani ha deciso di stabilirsi a Luvinate, “alle falde del Campo de’ fiori”. Immagina che Verga al carnevale di Venezia si sia divertito e aspetta di sentire dalla sua voce la relazione del Congresso. Lo ringrazia della lettera e del plico che ha fatto recapitare per suo conto e spera di vederlo presto. Invia infine i propri saluti ai signori Contini.
9) Mil[ano], 8 luglio [s.a.]: Poiché uno dei suoi più bravi studenti gli ha domandato se avesse una lettera per il dottor Verga, gli scrive anche se sta ancora attendendo una sua risposta. Spera che Verga sia riuscito ad intendersi con qualcuno dei librai e lo esorta – se questi non si accontentano del 10% – ad accordarsi eventualmente anche il 12 o il 15. L’importante, per lui, è poter aggiustare i conti senza aspettare fino a gennaio. Lo avvisa inoltre che martedì invierà gli esemplari. Manda i propri saluti al rettore Villa.
10) [Milano], 3 febbraio [s.a.]: Scrive che “forse fu in gran parte un timor panico” e lo prega di non passare da lui in serata, ma di farlo l’indomani mattina presto.