Manati Medici di Marignano Giacinta (Nini)

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13 lettere della marchesa Giacinta (Nini) Manati, moglie del marchese Carlo Medici di Marignano (o Melegnano):
1) [s.l.], [1852 – 1854]: Chiede a Verga di rinviare la sua visita al giorno dopo o a quello dopo ancora.
2) [s.l.], [s.d.]: Qualora Verga decidesse di farle visita, lo avvisa che la mattina successiva non sarà in casa, nonostante sia “sempre fedele alla [sua] clausura”.
3) [s.l.], 3 luglio [s.a.]: Si scusa con Verga di non essersi trovata in casa la mattina della sua visita, gli promette che lo informerà di persona delle ragioni delle proprie uscite e gli augura di essersi rimesso dalla sua indisposizione. Gli assicura che resterà sempre a casa, soprattutto di mattina, e che qualora dovesse uscire lo avviserà per tempo. Conclude ragguagliandolo sulla propria salute.
4) [s.l.], 10 luglio [s.a.]: Prega Verga di mantenere il segreto a proposito della confidenza che gli ha fatto il giorno prima e di lasciare piuttosto credere che il vero motivo della sua malinconia sia una malattia o l’insanità di mente. Accenna ai patimenti che per più di sei anni la tormentano e alla paura che si scopra la verità, “perché nessuno può capire ciò che soffre un’anima delicata quando sa di avere un fatto grave a rimproverarsi”. Ringraziandolo, si scusa per il disturbo che, sapendolo malato, gli reca.
5) [s.l.], 29 luglio [s.a.]: Anticipa a Verga che la madre gli farà presto visita per chiedergli un parere sull’opportunità di mandarla “alle acque”. Lo prega di sconsigliare la cura perché non può partire e, in stato confusionale, lo supplica di non farle nessun male e di avere compassione di lei.
6) [s.l.], [s.d.]: Ringrazia Verga per la ricetta delle pillole che sabato le ha lasciato e gliene chiede un’altra per un eventuale viaggio a Induno. Ha appreso dalla monaca con cui Verga ha parlato della visita che Anthelma gli ha fatto.
7) [s.l.], 31 luglio 1884: Ringrazia sentitamente Verga perché, “così ammalato”, è andato ugualmente da lei e perché il padre, dopo aver parlato con lui, è migliorato d’umore. Gli chiede chiarimenti sul colloquio e su “quei tali oggetti” che non “vogliono distruggere” e che definisce “infami mostri” che le fanno male perché le ricordano il “diavolo” che ha rovinato la sua esistenza. Raccomanda a Verga di non tradirla rivelando il suo “più gran peccato”, nonché di “curarsi e di non stancarsi tanto all’ufficio”.
8) [s.l.], [s.d.]: Informa Verga che domenica mattina non sarà in casa; si preoccupa per la sua salute e gli augura che il viaggio sia stato di distrazione e giovamento. Nega di essere mai stata un’incendiaria, tanto meno quando viveva a casa del marito, e rassicura Verga sul fatto che non corre rischi. Lo informa dell’arrivo dei propri genitori e lo raccomanda di mantenere il segreto. La avvisano che in parlatorio c’è sua madre e scende a sentire. Al ritorno è spaventata e prega Verga di non permettere che i genitori la portino via.
9) [s.l.], [s.d.]: Informa Verga della visita del marito, che con lei è sempre irritabile e in passato reagiva violentemente, soprattutto in relazione alla sua “debolezza”, per la quale accenna al rimedio di “allontanar questi oggetti”. Avvisa che il marito andrà a trovarlo e gli chiede a sua volta di potergli parlare.
10) [s.l.], [s.d.]: Chiede a Verga di riferire al marito, che dovrebbe fargli visita in giornata, di partire tranquillo perché per S. Michele alloggerà da Dufour. Afferma che “amare quell’uomo è una disgrazia quasi simile a quell’altra” e prega Verga di difenderla dalle accuse del marito che ha raccontato tutto a tutti e sostiene che se lei crede “di guarire dopo tolti gli oggetti, allora è [cattiva] perché una fissazione non si ragiona, se invece è vera fissazione allora [è] pazza, dunque o prigione o ospitale dei pazzi”. Parla di una delle donne con cui il marito aveva una relazione e raccomanda a Verga “di curare la sua salute” e non stancarsi “tanto con quel cholera”.
11) [s.l.], [s.d.]: Comunica a Verga di aver appreso con gran sorpresa che la duchessa Bevilacqua gli ha fatto visita. Chiede a Verga di farle avere l’elenco che l’amica Titi l’ha per il suo bene obbligata a compilare, perché possa aggiungervi altri oggetti che vorrebbe distruggere. Lo prega di farle visita il giorno dopo e aggiunge di aver imparato a falsificare le sue ricette. Spera che Verga abbia riferito a Titi “la vera ragione di questi bruciamenti” e si dice rammaricata di essersi confidata anche con l’amica.
12) [s.l.], [s.d.]: Accusa ricevuta del biglietto di Verga e lo ringrazia di aver mantenuto la promessa. Ha il presentimento che il marito sia a Milano e abbia accluso l’elenco a una lettera della duchessa a Verga; teme che vada dalle monache “a contare la storia delle carrozze, cioè dei brougham”. Qualche ora dopo prosegue la lettera che ha dimenticato quando è uscita per andare a trovare il suo Didi. Teme ancora di aver visto il marito e ha paura. Deplora “una conoscenza di tre mesi” che l’ha resa per sempre infelice, “calunniata, presa per pazza”; dopo sei anni e mezzo il castigo le sembra enorme. Aggiunge che se il marito lo sapesse, la ucciderebbe o picchierebbe, come tuttavia faceva anche quando non aveva alcuna colpa. La mattina successiva continua la lettera iniziata la domenica. Assecondando la richiesta di Anthelma(?), prega Verga di riferire al marito, senza inquietarlo, di prendere “il meno possibile le carrozze coi due vetri davanti”, ma solo in caso di brougham, le altre le “sono tutte indifferenti”. Raccomanda a Verga di risponderle “sempre in maniera che possa capire [lei] sola, perché tutte le lettere vanno prima nelle mani della superiora”.
13) [s.l.], [s.d.]: È riconoscente per tutto ciò che Verga fa per lei e gli chiede se, dopo la partenza del marito, può recarsi da lui per parlargli; aggiunge di essere “troppo infelice per temere il cholera”. Dice di amare il marito sebbene non abbia cuore e l’abbia fatta soffrire in nove anni di matrimonio. Prega Verga di non abbandonarla.

Note

Solo una delle lettere è datata 1854; la prima è indirizzata a Verga presso l’Ospedale Maggiore ed è dunque databile agli anni 1852-1865. Nel complesso dovrebbe trattarsi di lettere degli anni cinquanta dell’Ottocento.
1) La lettera non è datata ma, essendo indirizzata a Verga presso l’Ospedale Maggiore, risale al periodo 1852-1865; più verosimilmente è da attribuirsi ai primi anni cinquanta dell’Ottocento.
12) La lettera è stata scritta su tre fogli in tre tempi diversi.

Estremi cronologici

[1852 circa]-1884

Consistenza

16 carte

Collocazione fascicolo

b. 01, fasc. 083
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