Caterino Stefani

Padova, 4 Febbraio 1843 – Verona, 10 Marzo 1907
Vai al menù contestuale

Biografia

Sono poche le notizie biografiche a disposizione su Caterino Stefani. Sappiamo che nel 1862, a 19 anni, emigrò a Torino, allora capitale del Regno d’Italia, per arruolarsi volontario nell’esercito nazionale, dove rimase fino al giugno del 1865. Probabilmente fu a Torino che si laureò in medicina, ma non abbiamo una documentazione certa. Nel 1866 lo troviamo di nuovo sotto le armi, nel ruolo di ufficiale medico durante la terza guerra di indipendenza. Nel gennaio 1867 fu assunto come medico chirurgo secondario all’Ospedale civile di Venezia, passando sei anni dopo, nel 1873, al Manicomio femminile di San Clemente, dove fece le sue prime esperienze come psichiatra. Nel 1875 si trasferì a Verona, lavorando come medico alienista all’Ospedale civile. Nel 1879 fu chiamato a presiedere la Commissione provinciale sulla pellagra, composta tra gli altri da Domenico Zini e Ferdinando Righi, medico comunale di Legnago, autore della relazione finale. Nel 1880, a 37 anni, fu nominato direttore del Manicomio veronese di San Giacomo alla Tomba, ricoprendo tale ruolo fino alla morte.
Nel 1883 si sposò a Verona con Vittoria Angeli, dalla quale ebbe due figli, Clelia e Andreino.
Stefani fu non solo il primo direttore del manicomio veronese, ma il vero padre fondatore di quella istituzione. Infatti, già nel 1878 presentò il progetto, redatto per la parte edilizia dall’ingegnere Enrico Carli, che dopo essere stato accolto favorevolmente dal Consiglio ospitaliero e dalla Deputazione provinciale, fu infine realizzato il 2 luglio 1880 con l’apertura di alcuni reparti e il trasferimento di circa 200 mentecatti. “Ebbe così vita una delle più nobili e delle più sante istituzioni che imprescindibili necessità altamente reclamavano: il Manicomio con colonia agricola di San Giacomo alla Tomba, a Verona” (Lambranzi, 1930, p. 10).
In realtà, il progetto di Stefani dovette subire molte limitazioni per problemi economici e difficoltà di finanziamento, per cui il Manicomio veronese fu realizzato attraverso continui adattamenti e compromessi, non in base a un piano progettuale ben definito in origine. Molte delle ambiziose proposte di Stefani, infatti, si scontrarono con le scarse disponibilità finanziarie della Provincia.
Nel corso della sua direzione il manicomio passò da circa 400 presenze giornaliere a oltre 700 nel 1907. Tale crescita, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, fu dovuta al flagello della pellagra, che come in molte altre parti d’Italia, imperversava anche nelle campagne veronesi.
Durante i 27 anni in cui Stefani fu direttore, il Manicomio assunse una struttura pressoché definitiva, sia dal punto di vista architettonico (ampliamenti, ristrutturazioni, acquisto di terreni e realizzazione di nuovi reparti), sia dal punto di vista amministrativo (pianta organica infermieristica e medica, regolamenti, ecc.).
Furono anni caratterizzati dal passaggio di proprietà del manicomio stesso, nel 1892, dagli Istituti ospitalieri alla Provincia e dall’inchiesta provinciale del 1897, in seguito alla campagna di stampa del giornale Verona del Popolo, che denunciò problemi e limiti dell’istituto. Tra questi figuravano l’eccesso di poteri del direttore, maltrattamenti di ricoverati, scarsità del vitto, uso eccessivo dei mezzi di contenzione.
Stefani, bersaglio principale del giornale, anche per motivi politici (lo definiva “il beniamino del partito clerico moderato”), difese con forza la sua attività di direzione, rispondendo dettagliatamente a tutte le accuse. Dai verbali degli interrogatori, emerge una figura autoritaria, dal forte carattere, che rivendicava i suoi poteri, pur con alcuni tratti di paternalismo. Certi aspetti derivavano probabilmente dalla sua giovanile esperienza militare, come risulta da questa sua testimonianza: “il Manicomio è nelle stesse condizioni di una nave, dove tutti i poteri devono essere accentrati per l’unità di comando in una sola persona, il capitano” (Relazione della Commissione d’inchiesta sul manicomio e provvedimenti, Seduta del Consiglio provinciale di Verona, 25 luglio 1898).
Dalla documentazione archivistica e dalla fitta corrispondenza con le autorità amministrative e politiche, si intuisce che Stefani fu più un attento amministratore che un clinico. Del resto, non risultano sue pubblicazioni, a parte un opuscolo che raccoglie i dati statistici del manicomio per l’anno 1902. Fu comunque notevole il suo impegno per l’edificazione e la sistemazione dei nuovi reparti e per gli interventi di carattere edilizio, in base alla convinzione, allora condivisa dalla maggior parte degli psichiatri, che l’ambiente manicomiale, se ben strutturato, fosse già un mezzo di cura.
Dopo la morte fu celebrato con una lapide, posta sui muri dell’istituto: “A Caterino Stefani, primo direttore di questo istituto, quì dove tutto parla di lui, quì dove vive e vivrà lo spirito buono, lume e tutela dell’opera sapiente da lui iniziata e posta in atto, nel primo doloroso anniversario, la Deputazione provinciale di Verona riconoscente”.
 
Renato Fianco
18/06/2020

Bibliografia

Fianco, R. (1992). L’asilo della maggior sventura. Origini e sviluppo del manicomio veronese di San Giacomo di Tomba (1880-1905). Verona: Cierre.
Lambranzi, R. (1930). L’ospedale psichiatrico provinciale di Verona. 1880-1929. Verona: La tipografica veronese.

Opere

(1903). Dati statistici e funzionamento dell’Istituto durante l’anno 1902. Relazione del Direttore Dott. C. Stefani all’On. Deputazione Provinciale. Verona: Tip. Franchini.

Fonti archivistiche

Archivio della Provincia di Verona, Cat. VIII, busta 355.
back to top