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Studiò a Trieste nelle scuole primarie e secondarie, conseguendo la maturità classica nel ginnasio comunale, unico istituto classico cittadino all’epoca.
Si laureò a Vienna nel 1899 ed esercitò come medico condotto a Modena per un breve periodo, prima di divenire assistente nella VIII Divisione dell’Ospedale civico di Trieste, la divisione di psichiatria denominata inizialmente “degli ebeti o fatui”.
Frequentò nei primi anni del Novecento la Clinica neurologica della Salpétrière di Parigi, fondata da Jean-Martin Charcot, dove ebbe modo di avvicinare le novità nel campo della neurologia e della psichiatria, discipline allora non separate tra loro, approfondendo gli studi sull’isteria e l’ipnosi.
Tra il 1904 e il 1905 diede alle stampe la traduzione del Trattato delle malattie nervose di Hermann Oppenheim, "con aggiunte e note del traduttore e del prof. Augusto Tamburini".
Nel 1909 fu nominato primario nel Frenocomio (poi Ospedale psichiatrico provinciale) di Trieste, inaugurato nel 1908 e costruito in base a principi innovativi con piccoli edifici circondati da giardini, in un complesso residenziale recintato simile a un piccolo paese, con i suoi servizi di panetteria, lavanderia, falegnameria, teatro, chiesa, e via dicendo. Qui applicò il principio dell’open door, dividendo i malati in diversi reparti, separati tra loro a seconda delle esigenze di custodia e non sulla base dei disturbi mentali, introducendovi anche l’ergoterapia.
Nel 1926 fu nominato direttore dell’Ospedale psichiatrico, funzione che aveva esercitato in realtà sin dalla nomina a primario, a causa dell’invalidità dell’allora direttore Luigi Canestrini.
Si interessò del trattamento dell’encefalite letargica e della paralisi progressiva derivante dalla neurolue, utilizzando l’ipertermia da malaria quartana. Presso il manicomio di Trieste venne coltivato un ceppo di plasmodio particolarmente pirogeno, tanto essere richiesto da diverse cliniche neurosifilopatiche del tempo.
Nel 1922 fu nominato presidente dell’Ordine dei medici di Trieste, il primo dopo l’annessione della città all’Italia. Fu anche presidente della Lega contro l’alcolismo.
Dal 1909 fino alla morte visse con la famiglia nell’edificio della Direzione dell’Ospedale psichiatrico, con inservienti, cuoca e giardiniere malati di mente, ma ovviamente “tranquilli”.
Fu ardente irredentista, il che gli costò il confino a Leopoli durante la prima guerra mondiale.
In seguito fu antifascista e subì numerose minacce, ma non fu allontanato dalla Direzione del manicomio.
Morì nel suo studio per un infarto miocardico il 28 agosto 1927.
Claudio Bevilacqua e Giuseppe Ravalico
08/02/2016
Biografia
Figlio di Antonio Caruso de Pastrovich e Carolina Vianello, nel corso della vita utilizzò solamente il titolo nobiliare de Pastrovich, tralasciando il cognome Caruso, derivante da un avo Giovanni Battista Caruso, combattente per la Marina di Venezia nella battaglia di Lepanto e nominato poi nobile della stessa Repubblica.Studiò a Trieste nelle scuole primarie e secondarie, conseguendo la maturità classica nel ginnasio comunale, unico istituto classico cittadino all’epoca.
Si laureò a Vienna nel 1899 ed esercitò come medico condotto a Modena per un breve periodo, prima di divenire assistente nella VIII Divisione dell’Ospedale civico di Trieste, la divisione di psichiatria denominata inizialmente “degli ebeti o fatui”.
Frequentò nei primi anni del Novecento la Clinica neurologica della Salpétrière di Parigi, fondata da Jean-Martin Charcot, dove ebbe modo di avvicinare le novità nel campo della neurologia e della psichiatria, discipline allora non separate tra loro, approfondendo gli studi sull’isteria e l’ipnosi.
Tra il 1904 e il 1905 diede alle stampe la traduzione del Trattato delle malattie nervose di Hermann Oppenheim, "con aggiunte e note del traduttore e del prof. Augusto Tamburini".
Nel 1909 fu nominato primario nel Frenocomio (poi Ospedale psichiatrico provinciale) di Trieste, inaugurato nel 1908 e costruito in base a principi innovativi con piccoli edifici circondati da giardini, in un complesso residenziale recintato simile a un piccolo paese, con i suoi servizi di panetteria, lavanderia, falegnameria, teatro, chiesa, e via dicendo. Qui applicò il principio dell’open door, dividendo i malati in diversi reparti, separati tra loro a seconda delle esigenze di custodia e non sulla base dei disturbi mentali, introducendovi anche l’ergoterapia.
Nel 1926 fu nominato direttore dell’Ospedale psichiatrico, funzione che aveva esercitato in realtà sin dalla nomina a primario, a causa dell’invalidità dell’allora direttore Luigi Canestrini.
Si interessò del trattamento dell’encefalite letargica e della paralisi progressiva derivante dalla neurolue, utilizzando l’ipertermia da malaria quartana. Presso il manicomio di Trieste venne coltivato un ceppo di plasmodio particolarmente pirogeno, tanto essere richiesto da diverse cliniche neurosifilopatiche del tempo.
Nel 1922 fu nominato presidente dell’Ordine dei medici di Trieste, il primo dopo l’annessione della città all’Italia. Fu anche presidente della Lega contro l’alcolismo.
Dal 1909 fino alla morte visse con la famiglia nell’edificio della Direzione dell’Ospedale psichiatrico, con inservienti, cuoca e giardiniere malati di mente, ma ovviamente “tranquilli”.
Fu ardente irredentista, il che gli costò il confino a Leopoli durante la prima guerra mondiale.
In seguito fu antifascista e subì numerose minacce, ma non fu allontanato dalla Direzione del manicomio.
Morì nel suo studio per un infarto miocardico il 28 agosto 1927.
Claudio Bevilacqua e Giuseppe Ravalico
08/02/2016