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L'Apparecchio per esperienze scintilloscopiche ideato da Giuseppe Guicciardi e adottato da Giulio Cesare Ferrari nel Laboratorio di Reggio Emilia è un esempio di questa commistione: era infatti una macchina composta, dotata di un generatore ad induzione elettrostatica (a sinistra) combinato con una "cassetta" per le osservazioni appositamente costruita (a destra).
La macchina elettrostatica nella fotografia viene definita da Ferrari macchina di Holtz, in realtà il design e i settori (in stagno) presenti sul disco indicano chiaramente che si trattava di una macchina di Wimshurst, messa a punto a metà degli anni '80 dell'Ottocento e preferita a quella di Holtz perché più efficiente e dotata di un innesco automatico che evitava la procedura dell'iniziale caricamento per contatto. La "cassetta" era invece una sorta di camera aperta sul lato sinistro per consentire l'ingresso della luce ed era corredata, dalla parte opposta, di un mirino per l'osservazione. Tra il mirino e l'obiettivo, come in un proiettore, venivano collocati dei "cartellini" semitrasparenti su cui erano impresse lettere, numeri o immagini.
L'apparecchio per esperienze scintilloscopiche era usato in una stanza completamente buia: la macchina di Wimshurst, azionata dallo psicologo, scoccava con intermittenze irregolari una scintilla di circa un centimetro di lunghezza che illuminava per un breve intervallo l'immagine presente nella camera. Ad ogni flash luminoso l'osservatore doveva riferire ad alta voce che cosa aveva visto mentre una stenografa registrava le sue reazioni. Attraverso l'apparecchio per esperienze scintilloscopiche venivano studiati l'attenzione, la capacità di concentrazione e i meccanismi di associazione.
Christian Carletti
05/04/2011
Ferrari, G.C. (1898). Il laboratorio di psicologia di Reggio Emilia. Emporium, VII, 464-476.
Fryer, S.E. (2004). Wimshurst, James (1832?1903), rev. Hessenbruch A. In Oxford Dictionary of National Biography. Oxford: Oxford University Press. Retrived March 28, 2011, from http://www.oxforddnb.com/view/article/36974.
Ultima nata tra le scienze sperimentali, a partire dall'ultimo quarto del XIX secolo la psicologia cominciò a dotarsi di laboratori che in molti casi portarono allo sviluppo di tecnologie ibride, nate dalla combinazione di strumenti "presi in prestito" dalla fisica e rimodellati in base alle esigenze dello psicologo.
L'Apparecchio per esperienze scintilloscopiche ideato da Giuseppe Guicciardi e adottato da Giulio Cesare Ferrari nel Laboratorio di Reggio Emilia è un esempio di questa commistione: era infatti una macchina composta, dotata di un generatore ad induzione elettrostatica (a sinistra) combinato con una "cassetta" per le osservazioni appositamente costruita (a destra).
La macchina elettrostatica nella fotografia viene definita da Ferrari macchina di Holtz, in realtà il design e i settori (in stagno) presenti sul disco indicano chiaramente che si trattava di una macchina di Wimshurst, messa a punto a metà degli anni '80 dell'Ottocento e preferita a quella di Holtz perché più efficiente e dotata di un innesco automatico che evitava la procedura dell'iniziale caricamento per contatto. La "cassetta" era invece una sorta di camera aperta sul lato sinistro per consentire l'ingresso della luce ed era corredata, dalla parte opposta, di un mirino per l'osservazione. Tra il mirino e l'obiettivo, come in un proiettore, venivano collocati dei "cartellini" semitrasparenti su cui erano impresse lettere, numeri o immagini.
L'apparecchio per esperienze scintilloscopiche era usato in una stanza completamente buia: la macchina di Wimshurst, azionata dallo psicologo, scoccava con intermittenze irregolari una scintilla di circa un centimetro di lunghezza che illuminava per un breve intervallo l'immagine presente nella camera. Ad ogni flash luminoso l'osservatore doveva riferire ad alta voce che cosa aveva visto mentre una stenografa registrava le sue reazioni. Attraverso l'apparecchio per esperienze scintilloscopiche venivano studiati l'attenzione, la capacità di concentrazione e i meccanismi di associazione.
Christian Carletti
05/04/2011
Bibliografia
Lazzari, S. & Quaranta, M. (1998). Giulio Cesare Ferrari. In G. Cimino & N. Dazzi (Eds.), La psicologia in Italia. I protagonisti e i problemi scientifici, filosofici e istituzionali 1870-1945 (pp. 225-254). Milano: LED.Ferrari, G.C. (1898). Il laboratorio di psicologia di Reggio Emilia. Emporium, VII, 464-476.
Fryer, S.E. (2004). Wimshurst, James (1832?1903), rev. Hessenbruch A. In Oxford Dictionary of National Biography. Oxford: Oxford University Press. Retrived March 28, 2011, from http://www.oxforddnb.com/view/article/36974.