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Nell'ottobre 1938 fu allontanato dall'università a causa delle leggi razziali. Dopo essersi rifugiato con la famiglia nelle campagne fiorentine, nel marzo 1944 fuggì con la moglie e i figli in Svizzera, vivendo in vari campi profughi. I genitori e un fratello morirono nel campo di Auschwitz.
Tornato in Italia nel 1945, comprese che era ormai difficile riprendere la carriera universitaria e vi rinunciò. Continuò comunque a frequentare la Clinica pediatrica come assistente volontario, compiendo ricerche nell'ambito dei disturbi dell'intelligenza e del carattere.
Nel 1946, su proposta di Cesare Cocchi, fu nominato direttore dell'Istituto medico pedagogico Umberto I di Firenze (fondato nel 1899 come Istituto toscano per bambini tardivi), carica che mantenne fino alla morte. Qui si dedicò alla rieducazione e al recupero degli insufficienti mentali, riorganizzando radicalmente il servizio pubblico offerto dall'Istituto fiorentino, che diventò un centro d'eccellenza in Italia e all'estero.
Nel luglio 1947 fece domanda per essere ammesso, in qualità di perseguitato razziale, all'abilitazione alla libera docenza in Clinica pediatrica. Tale possibilità era prevista, secondo indicazioni ministeriali, per coloro che non avevano potuto partecipare alle sessioni 1932-1942 per motivi politici, razziali o dipendenti da eventi bellici. Ottenne la libera docenza presso l'Università di Firenze nel 1948, e gli fu confermata come definitiva nel 1954.
Convinto della necessità di osservare il bambino nella sua complessità biologica e sociale, si impegnò nello studio e nell'affermazione della neuropsichiatria infantile, disciplina che in Italia scontava gravi ritardi. Attraverso l'attività istituzionale, ricerche originali e pubblicazioni divulgative, rivolte in particolare agli operatori, cercò di colmare i vuoti assistenziali, terapeutici, teorici e formativi in tale settore. Su questi temi iniziò a collaborare e strinse amicizia con Giovanni Bollea, promotore della prima scuola italiana di specializzazione universitaria in neuropsichiatria infantile, creata a Roma nel '59, e fondatore, nel 1967, del primo Istituito di neuropsichiatria infantile. A legarli furono identità di vedute su molti problemi scientifici e assistenziali. Lottarono fianco a fianco per affermare la neuropsichiatria infantile come disciplina autonoma, da collocare tra la pediatria e la psichiatria da una parte, l'assistenza sociale e la scuola e la giustizia dall'altra.
Tenne regolarmente corsi di psicopatologia infantile per gli studenti di medicina e per gli specializzandi in pediatria, di psicopatologia e igiene mentale nell'età evolutiva per gli allievi assistenti sociali della Scuola di servizio sociale, di neuropsichiatria e igiene mentale infantile per collaboratori psicologi del Consorzio provinciale per l'istruzione tecnica di Firenze e di anatomia e antropologia dell'età evolutiva per gli insegnanti elementari allievi della Scuola magistrale ortofrenica dell'Umberto I.
Consulente del Tribunale dei minori di Firenze, a partire dal dopoguerra ricoprì varie cariche in altrettanti organismi: consigliere nazionale della Società italiana per l'assistenza medico-psico-pedagogica ai minorati in età evolutiva (SIAME), della Sezione di neuropsichiatria infantile della Società italiana di psichiatria, della Lega italiana di igiene e profilassi mentale e membro fondatore del Comitato italiano di neuropsichiatria infantile.
Dal 1953 fu tra i redattori della rivista Infanzia anormale, fondata nel 1906 da Giulio Ferreri e già diretta da Sante De Sanctis ed Eugenio Medea, cessata nel 1932 e rilanciata da Giovanni Bollea proprio in quell'anno. Nel 1965 entrò a far parte della Commissione ministeriale per lo studio di un disegno di legge per l'assistenza e la riabilitazione degli irregolari psichici in età evolutiva.
Autore di molte pubblicazioni, la sua attività scientifica riguardò in particolare embriologia, pediatria, neurologia, neuropsichiatria infantile e igiene mentale. Fra i suoi volumi – tradotti e pubblicati anche in Argentina – si ricordano: Elementi di neuropsicologia infantile (Firenze, 1951); Elementi di igiene mentale dell'età evolutiva (Firenze, 1957); I problemi dello sviluppo. Dalla nascita all'adolescenza (Firenze, 1960).
Matteo Fiorani
26/07/2013
Giliberti, V. (1966). In memoria di Sergio Levi. Bollettino della Società italiana per l'assistenza medico-psicopedagogica ai minorati dell'età evolutiva, 1, 67-68.
Levi, G. (2007). 1940-1945 Gioele, fuga per tornare. Firenze: Fratatrac.
Biografia
Si laureò in medicina all'Università di Firenze nel 1933 con Giulio Chiarugi, frequentando da studente, come allievo interno, e per due anni dopo la laurea, come assistente volontario, l'Istituto di anatomia umana normale. In questo periodo indirizzò le sue ricerche verso la patologia del sistema nervoso e l'anatomia e l'istopatologia del mongolismo. Nel 1935 si specializzò in pediatria ed entrò nella Clinica pediatrica di Firenze, prima come interno e successivamente come assistente volontario, sotto la direzione di Carlo Comba e poi di Cesare Cocchi.Nell'ottobre 1938 fu allontanato dall'università a causa delle leggi razziali. Dopo essersi rifugiato con la famiglia nelle campagne fiorentine, nel marzo 1944 fuggì con la moglie e i figli in Svizzera, vivendo in vari campi profughi. I genitori e un fratello morirono nel campo di Auschwitz.
Tornato in Italia nel 1945, comprese che era ormai difficile riprendere la carriera universitaria e vi rinunciò. Continuò comunque a frequentare la Clinica pediatrica come assistente volontario, compiendo ricerche nell'ambito dei disturbi dell'intelligenza e del carattere.
Nel 1946, su proposta di Cesare Cocchi, fu nominato direttore dell'Istituto medico pedagogico Umberto I di Firenze (fondato nel 1899 come Istituto toscano per bambini tardivi), carica che mantenne fino alla morte. Qui si dedicò alla rieducazione e al recupero degli insufficienti mentali, riorganizzando radicalmente il servizio pubblico offerto dall'Istituto fiorentino, che diventò un centro d'eccellenza in Italia e all'estero.
Nel luglio 1947 fece domanda per essere ammesso, in qualità di perseguitato razziale, all'abilitazione alla libera docenza in Clinica pediatrica. Tale possibilità era prevista, secondo indicazioni ministeriali, per coloro che non avevano potuto partecipare alle sessioni 1932-1942 per motivi politici, razziali o dipendenti da eventi bellici. Ottenne la libera docenza presso l'Università di Firenze nel 1948, e gli fu confermata come definitiva nel 1954.
Convinto della necessità di osservare il bambino nella sua complessità biologica e sociale, si impegnò nello studio e nell'affermazione della neuropsichiatria infantile, disciplina che in Italia scontava gravi ritardi. Attraverso l'attività istituzionale, ricerche originali e pubblicazioni divulgative, rivolte in particolare agli operatori, cercò di colmare i vuoti assistenziali, terapeutici, teorici e formativi in tale settore. Su questi temi iniziò a collaborare e strinse amicizia con Giovanni Bollea, promotore della prima scuola italiana di specializzazione universitaria in neuropsichiatria infantile, creata a Roma nel '59, e fondatore, nel 1967, del primo Istituito di neuropsichiatria infantile. A legarli furono identità di vedute su molti problemi scientifici e assistenziali. Lottarono fianco a fianco per affermare la neuropsichiatria infantile come disciplina autonoma, da collocare tra la pediatria e la psichiatria da una parte, l'assistenza sociale e la scuola e la giustizia dall'altra.
Tenne regolarmente corsi di psicopatologia infantile per gli studenti di medicina e per gli specializzandi in pediatria, di psicopatologia e igiene mentale nell'età evolutiva per gli allievi assistenti sociali della Scuola di servizio sociale, di neuropsichiatria e igiene mentale infantile per collaboratori psicologi del Consorzio provinciale per l'istruzione tecnica di Firenze e di anatomia e antropologia dell'età evolutiva per gli insegnanti elementari allievi della Scuola magistrale ortofrenica dell'Umberto I.
Consulente del Tribunale dei minori di Firenze, a partire dal dopoguerra ricoprì varie cariche in altrettanti organismi: consigliere nazionale della Società italiana per l'assistenza medico-psico-pedagogica ai minorati in età evolutiva (SIAME), della Sezione di neuropsichiatria infantile della Società italiana di psichiatria, della Lega italiana di igiene e profilassi mentale e membro fondatore del Comitato italiano di neuropsichiatria infantile.
Dal 1953 fu tra i redattori della rivista Infanzia anormale, fondata nel 1906 da Giulio Ferreri e già diretta da Sante De Sanctis ed Eugenio Medea, cessata nel 1932 e rilanciata da Giovanni Bollea proprio in quell'anno. Nel 1965 entrò a far parte della Commissione ministeriale per lo studio di un disegno di legge per l'assistenza e la riabilitazione degli irregolari psichici in età evolutiva.
Autore di molte pubblicazioni, la sua attività scientifica riguardò in particolare embriologia, pediatria, neurologia, neuropsichiatria infantile e igiene mentale. Fra i suoi volumi – tradotti e pubblicati anche in Argentina – si ricordano: Elementi di neuropsicologia infantile (Firenze, 1951); Elementi di igiene mentale dell'età evolutiva (Firenze, 1957); I problemi dello sviluppo. Dalla nascita all'adolescenza (Firenze, 1960).
Matteo Fiorani
26/07/2013
Bibliografia
Bollea, G. (1966). Sergio Levi. Infanzia anormale, 71, 687-688.Giliberti, V. (1966). In memoria di Sergio Levi. Bollettino della Società italiana per l'assistenza medico-psicopedagogica ai minorati dell'età evolutiva, 1, 67-68.
Levi, G. (2007). 1940-1945 Gioele, fuga per tornare. Firenze: Fratatrac.