Deliri e pestilenze

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Andrea Verga, il padre della psichiatria italiana, così scriveva nel 1862:
«Manifestandosi in un paese una mortale epidemia, li ignoranti e i pusillanimi, che sono la maggior parte, si turbano e si confondono. […] Mentre le facoltà superiori della mente cadono in una specie di paralisi, per cui si è impotenti al freddo e tranquillo esame delle cose, si esaltano la sensibilità e la fantasia, donde sensazioni e percezioni esaggerate od anche interamente false e i più strampalati giudizj. Li oggetti visti cogli occhiali della paura s'ingrandiscono, si moltiplicano e si volgono ad alimento della medesima. […] Al che concorre la generale incertezza sulla propria sorte, le sospese transazioni commerciali e sociali, il forzato isolamento, il continuo e variato spettacolo di sempre identici fatti, la malatia e la morte, e la straordinarietà stessa dei provedimenti adottati per combatterli. […] Illuminando e rinvigorendo la publica opinione con ogni maniera di studj e di pratiche, premunendola contro li allettamenti del sopranaturale, insinuando il riserbo e il dubio in tutte le cose che non sono suscettibili di esatta dimostrazione, si otterrà che i delirj rimangano fenomeni individuali isolati, e non propaghino il loro fermento ad intere popolazioni; nella stessa guisa che con buoni ordinamenti di publica igiene si è ottenuto che la frequenza e la ferocia delle pestilenze, delle quali fu Europa per lungo tempo il teatro, si riducessero a minimi termini».

Bibliografia

Verga, A. (1862). Delle particolari forme di delirio cui danno origine le grandi pestilenze. Milano: Giuseppe Chiusi.
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