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Lettera di Gerolamo Calvi a Giulio Cesare Ferrari (1)
Lettera di Gerolamo Calvi a Giulio Cesare Ferrari (1)
Trascrizione
Chiari per Nigoline
Provincia di Brescia
31 ottobre 1907
Chiarissimo Professore,
Ho ricevuto ? in ritardo, a cagione della mia assenza da Blevio ed anche da Milano, dove la corrispondenza fu fatta seguire ? una Sua gentilissima lettera, che mi riguarda e si dirige sostanzialmente a me; ma che, confrontando meglio l'indirizzo, potrei pensare d'avere inavvertitamente aperta. Cosa fatta capo ha, e dissipa anzitutto un equivoco sorto sulla lettera pubblicata dal "Corriere" del 18 agosto, non mandata dall'on. Giusto Calvi, ma, sommessamente, dal modesto studioso, che scrive. Il fascicolo, che Ella ha spedito, come accenna, in settembre, a me non pervenne, forse a causa dello stesso equivoco. Mi giunse bensì ora quello che Lei ha tanto cortesemente voluto inviare colla Sua lettera. L'avrei tuttavia prevenuta, e L'avrei ringraziata già (ben lontano dalla eccezione che Ella con squisita delicatezza vuole affacciare) dell'atto di simpatia generosa verso le idee da me professate; mi era stato infatti comunicato dal mio amico Ing. Alfieri il fascicolo della Rivista, da lei diretta, con la ripubblicazione della mia lettera [1] . Se ho tardato, Le dirò schiettamente per quale causa ciò sia avvenuto. Avendo letto nel medesimo numero un articolo sulla Educazione e la questione morale [2] , del quale m'avevano sfavorevolmente impressionato le idee, non avrei voluto esserLe reticente riguardo a questa mia impressione, connessa col rapporto, dirò, di vicinato, nel quale la mia lettera era venuta a trovarsi; intanto non fui cortese per non sembrarLe, con la mia franchezza, insieme scortese. Ma sensibilissimo allo slancio cordiale, col quale Ella ha voluto secondare l'idea, nel nome di un maestro, che venero e seguo, so che il Suo gentile atto d'ospitalità richiama più larga discussione sul tema, che ritengo tanto importante, sono grato dell'impulso che essa ne riceve. Appena, nel nostro lavoro di preparazione, sarà venuto il momento di un nuovo e più concreto appello al pubblico mi farò premura di darne a Lei comunicazione. Intanto mi è grato dirLe che il movimento d'interesse, che l'idea suscita, è andato notevolmente accentuandosi.
Mi resta a dirLe la mia opinione circa l'articolo accennato in tema di educazione sessuale; ed è che, mentre vi trovo proposti o almeno autorizzati esperimenti che mi appaiono veramente ripugnanti nell'ordine morale, e deleteri alla compagine famigliare, che è nucleo di vita sociale, mi sembra che, in pedagogia, accettare la discussione su questo punto equivarrebbe pressappoco ad accettarla, in un altro campo, sull'opportunità, p[er] es[empio], di rimettere in uso la pietra focaia od altri metodi che appartengono a stadi ben superati della vita primitiva. Non vedo la possibilità di una evoluzione nel senso accennato dall'autore di quell'articolo, ma soltanto una ben grave involuzione. Guai se la influenza costante della donna e le forme più socialmente ovvie della coeducazione (offerte dalla vita meglio che dalla scuola) tanto necessarie nel concetto moderno, che vorremmo attuato, dovessero essere insidiate da tali deflorazioni di una purezza, che vogliamo noi pure stabilita nella verità, ma che non potremmo certamente più riconoscere nella prevaricazione!
Gradisca i miei rinnovati ringraziamenti e cordiali saluti
dal dev.mo di Lei
Gerolamo Calvi
[1] G. Calvi, I problemi sessuali e l'educazione, in «Rivista di psicologia», 1907, vol. III, pp. 426-427.
[2] In realtà il titolo era leggermente diverso: si tratta infatti dell'articolo di Luciano Palma, L'educazione e la questione sessuale, in «Rivista di psicologia», 1907, vol. III, pp. 318-327.
Provincia di Brescia
31 ottobre 1907
Chiarissimo Professore,
Ho ricevuto ? in ritardo, a cagione della mia assenza da Blevio ed anche da Milano, dove la corrispondenza fu fatta seguire ? una Sua gentilissima lettera, che mi riguarda e si dirige sostanzialmente a me; ma che, confrontando meglio l'indirizzo, potrei pensare d'avere inavvertitamente aperta. Cosa fatta capo ha, e dissipa anzitutto un equivoco sorto sulla lettera pubblicata dal "Corriere" del 18 agosto, non mandata dall'on. Giusto Calvi, ma, sommessamente, dal modesto studioso, che scrive. Il fascicolo, che Ella ha spedito, come accenna, in settembre, a me non pervenne, forse a causa dello stesso equivoco. Mi giunse bensì ora quello che Lei ha tanto cortesemente voluto inviare colla Sua lettera. L'avrei tuttavia prevenuta, e L'avrei ringraziata già (ben lontano dalla eccezione che Ella con squisita delicatezza vuole affacciare) dell'atto di simpatia generosa verso le idee da me professate; mi era stato infatti comunicato dal mio amico Ing. Alfieri il fascicolo della Rivista, da lei diretta, con la ripubblicazione della mia lettera [1] . Se ho tardato, Le dirò schiettamente per quale causa ciò sia avvenuto. Avendo letto nel medesimo numero un articolo sulla Educazione e la questione morale [2] , del quale m'avevano sfavorevolmente impressionato le idee, non avrei voluto esserLe reticente riguardo a questa mia impressione, connessa col rapporto, dirò, di vicinato, nel quale la mia lettera era venuta a trovarsi; intanto non fui cortese per non sembrarLe, con la mia franchezza, insieme scortese. Ma sensibilissimo allo slancio cordiale, col quale Ella ha voluto secondare l'idea, nel nome di un maestro, che venero e seguo, so che il Suo gentile atto d'ospitalità richiama più larga discussione sul tema, che ritengo tanto importante, sono grato dell'impulso che essa ne riceve. Appena, nel nostro lavoro di preparazione, sarà venuto il momento di un nuovo e più concreto appello al pubblico mi farò premura di darne a Lei comunicazione. Intanto mi è grato dirLe che il movimento d'interesse, che l'idea suscita, è andato notevolmente accentuandosi.
Mi resta a dirLe la mia opinione circa l'articolo accennato in tema di educazione sessuale; ed è che, mentre vi trovo proposti o almeno autorizzati esperimenti che mi appaiono veramente ripugnanti nell'ordine morale, e deleteri alla compagine famigliare, che è nucleo di vita sociale, mi sembra che, in pedagogia, accettare la discussione su questo punto equivarrebbe pressappoco ad accettarla, in un altro campo, sull'opportunità, p[er] es[empio], di rimettere in uso la pietra focaia od altri metodi che appartengono a stadi ben superati della vita primitiva. Non vedo la possibilità di una evoluzione nel senso accennato dall'autore di quell'articolo, ma soltanto una ben grave involuzione. Guai se la influenza costante della donna e le forme più socialmente ovvie della coeducazione (offerte dalla vita meglio che dalla scuola) tanto necessarie nel concetto moderno, che vorremmo attuato, dovessero essere insidiate da tali deflorazioni di una purezza, che vogliamo noi pure stabilita nella verità, ma che non potremmo certamente più riconoscere nella prevaricazione!
Gradisca i miei rinnovati ringraziamenti e cordiali saluti
dal dev.mo di Lei
Gerolamo Calvi
[1] G. Calvi, I problemi sessuali e l'educazione, in «Rivista di psicologia», 1907, vol. III, pp. 426-427.
[2] In realtà il titolo era leggermente diverso: si tratta infatti dell'articolo di Luciano Palma, L'educazione e la questione sessuale, in «Rivista di psicologia», 1907, vol. III, pp. 318-327.