Marco Lombardo Radice

Roma, 15 Aprile 1949 – Pieve di Cadore (Belluno), 16 Luglio 1989
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Biografia

Apparteneva ad un’ampia famiglia della cultura e della politica italiana, di estrazione borghese e con radici cattoliche e comuniste. Secondogenito fra Daniele, nato due anni prima, e Giovanni, nato nel 1954, era figlio di Adele Maria Jemolo e Lucio Lombardo Radice. Il padre, già protagonista dell’antifascismo e della Resistenza romana (incarcerato due volte dal regime), era matematico universitario, dirigente comunista, pedagogista, scrittore e molto altro. La madre, anche lei antifascista in prima linea nel periodo dell’occupazione nazista di Roma, era laureata in medicina e ricercatrice nell’ambito della virologia.
Nel 1956 la famiglia da Roma si trasferì a Palermo, dove Lucio aveva ottenuto la cattedra universitaria di geometria analitica. Qui, lui e soprattutto la moglie parteciparono attivamente alle iniziative di intervento sociale condotte da Danilo Dolci.   
Nel 1961 i Lombardo Radice tornarono a Roma. Marco frequentò il liceo Mamiani e nel 1967, conseguita la maturità classica, si iscrisse alla Facoltà di medicina dell’Università di Milano. Interessato alla psichiatria e alla psicoanalisi fin dall’adolescenza, periodo nel quale aveva avviato una sorta di analisi personale con Adriano Ossicini, e particolarmente affascinato dagli scritti di Cesare Musatti, scelse la facoltà milanese dove titolare della cattedra di psicologia era proprio l’autore del Trattato di psicoanalisi (1949). Tuttavia, per ragioni familiari, dal gennaio 1968 proseguì gli studi a Roma.  
Nel 1973, appena conseguita la laurea in medicina (con una tesi su Attività cardiaca e lavoro mentale seguita dal fisiologo umano Sergio Cerquiglini) ottenne per concorso una borsa di ricerca presso la cattedra di psicologia fisiologica di Riccardo Venturini all’Università di Roma. Furono anni in cui alla ricerca pura in campo psicofisiologico affiancò un intenso impegno politico. Già militante (non troppo) nei movimenti del Sessantotto, si avvicinò in seguito al gruppo di Lotta continua, occupandosi particolarmente dei temi legati alla condizione giovanile. Collaborò con i “Circoli ottobre” e con Ombre rosse, rivista di critica al movimento dal suo interno animata da Goffredo Fofi. Nel 1976 pubblicò, presso l’editore Savelli, Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti, scritto con Lidia Ravera. Dopo l’uscita del romanzo, che ebbe un fragoroso successo nazionale e internazionale, partì come medico volontario nella guerra civile in Libano. Nello stesso anno introdusse in Italia, assieme a Venturini, Le motivazioni biologiche, volume del fisiologo russo Konstantin Viktorovič Sudakov, e avviò un’analisi personale (che concluse poi nel luglio 1980) con il frate junghiano Lucio Pinkus, professore universitario di psicologia a Roma.
Nel 1978 si trasferì all’Istituto di neuropsichiatria infantile dell’Università di Roma. Qui, nella sede di via dei Sabelli, mantenne il posto di borsista e in seguito di ricercatore (dal 1980) e iniziò la specializzazione. Non ancora specializzato, il direttore Giovanni Bollea lo nominò responsabile del “secondo reparto degenze”. Senza alcuna intenzione di rottura, Lombardo Radice cominciò ad aprire i posti letto ai cosiddetti “casacci” o casi impossibili (soprattutto adolescenziali), altrimenti rifiutati da altre strutture, che cominciarono ad affollare il reparto trasformandolo. Temerario nell’azione terapeutica e nell’elaborazione teorica, ma tutt’altro che spontaneo e soprattutto attentissimo alle questioni tecniche e di metodo, si rifece a modelli psicodinamici britannici e in particolare al pensiero di Donald Winnicott e dei coniugi Moses ed Eglé Laufer. Nell’Istituto svolse, fin dall’inizio, attività psicoterapeutica con supervisioni di Adriano Giannotti, Arnaldo Novelletto ed Eleonora Fé d’Ostiani. In tale ambito strinse un forte legame professionale e personale con Christopher Bollas – visiting professor a via dei Sabelli – che lo introdusse a Masud Khan per alcune supervisioni.
Nel 1987 raccontò, in una piccola rivista curata da un gruppo di vecchi amici politici, Il piccione viaggiatore, le vicende del servizio di degenza che dirigeva. Il raccoglitore nella segale (ovvero il mio mestiere di neuropsichiatra infantile) ruppe ben presto i confini della rivista e divenne un riferimento per comunità politiche e scientifico-professionali, ispirando la regista Francesca Archibugi per il film Il grande cocomero (1993). Il titolo riecheggiava l’intraducibile The Catcher in the Rye di Salinger, cult book adolescenziale che orientò Lombardo Radice in ciò che avrebbe voluto fare ed essere nella vita: “l’uomo che sull’orlo di un precipizio salva l’umanità bambina quando, trascinata dal gioco, sta per cadervi”.
Nel 1988 fu nominato responsabile del Servizio di psicoterapia per gli adolescenti dell’Istituto e avviò un’analisi didattica con Efrem Ferretti della Società psicoanalitica italiana.
Morì a Pieve di Cadore il 16 luglio 1989, a quarant’anni, per un arresto cardiaco.
 
Matteo Fiorani
17/10/2022
 

Bibliografia

Baldini, T., et al. (2019). Casi impossibili. Marco Lombardo Radice. AeP. Adolescenza e psicoanalisi, 15(2), numero monografico.
Bollea, G., (1989). In ricordo di Marco Lombardo Radice. Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, 56, 611-613.
Fiorani, M. (2019). Lombardo Radice Marco. In Dizionario biografico degli italiani. Roma: Treccani.
Fofi, G. (1999), Marco Lombardo Radice dopo il “movimento”. In Id., Le nozze coi fichi secchi (pp. 262-267). Napoli: L’ancora del Mediterraneo.
Manconi, L., & Sinibaldi, M. (2010). Introduzione. In M. Lombardo Radice, Una concretissima utopia (pp. 7-14). Roma: Edizioni dell’Asino.
Ravera, L. (2013). Introduzione. In M. Lombardo Radice & L. Ravera, Porci con le ali (pp. 5-10). Milano: Bompiani.
 

Fonte iconografica

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