Edelweiss Cotti

Bologna, 23 Ottobre 1923 – Bologna, 23 Luglio 1998
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Biografia

Edelweiss Cotti si laureò in medicina a Bologna il 16 novembre 1949. Dal 1° novembre 1951 venne assunto come medico assistente avventizio all’Ospedale psichiatrico Francesco Roncati e nel frattempo seguì il corso di perfezionamento in malattie nervose e mentali, conseguendo il 18 luglio 1952 il diploma di specialista in clinica delle malattie nervose e mentali. Nell’ottobre 1954 diventò medico assistente sempre all’Ospedale Roncati, dove lavorò nel reparto IX, quello dei “Ritardati mentali cronici e malpropri”, i cui pazienti erano considerati i più agitati e pericolosi e nel quale riuscì ad aprire le porte in via sperimentale. Dopo un mese il direttore ordinò però di richiuderle, per il timore di possibili aggressioni ai familiari.
In quegli anni partecipò ai primi stages per infermieri di ospedali psichiatrici organizzati dai Centri di esercitazione ai metodi di educazione attiva (Cemea) e come responsabile dei reparti cronici maschili tentò di modificare radicalmente la vita dei pazienti, non solo aprendo le porte dei reparti, ma anche impegnandosi a fare assumere nuove figure professionali all’interno dell’ospedale, tra cui gli assistenti sociali.
Nel 1965 ottenne la libera docenza in fisiopatologia umana e nel 1966, dopo un concorso pubblico, divenne medico primario di ruolo. Nel frattempo, tra il 1964 e il 1967, fu comandato a dirigere il reparto maschile del Centro diagnostico neuropsichiatrico Villa Olimpia, sulle colline bolognesi, dove i suoi metodi innovativi a spiccata impronta comunitaria, nonostante i successi ottenuti, si scontrarono con le reazioni dei colleghi, al punto che fu rimosso dall’incarico.
Dal 12 giugno 1967 fu incaricato di dirigere l’Ambulatorio di igiene mentale di via Ruggi, che congiuntamente a Villa Olimpia doveva rappresentare un primo esperimento di psichiatria settoriale; ma durante l’estate fece domanda di un’aspettativa, che gli venne concessa. Dal gennaio 1968, con l’aiuto di Franco Basaglia, individuò un reparto presso l’Ospedale di Cividale del Friuli, dove lavorò con i colleghi Giorgio Antonucci e Leopoldo Tesi (proveniente dall’Ospedale di Gorizia). I tre rimasero a Cividale per otto mesi, riuscendo a portare avanti il proprio operato secondo le linee innovative già sperimentate, ma arrivarono allo scontro con le autorità, che provocò l’allontanamento forzato di Cotti. L’amministrazione locale non si mostrò infatti favorevole e dispose persino l’uso della forza pubblica per interrompere l’esperimento intrapreso, nonostante il favore della popolazione, che partecipava numerosa e interessata alle riunioni aperte al pubblico in cui Cotti illustrava i nuovi metodi proposti.
Il 5 novembre 1968 rientrò in servizio a Bologna e fu comandato a dirigere il Centro diagnostico neurologico Alvisi di Imola, dove rimase fino al 27 novembre (destinazione temporanea in attesa del riordinamento dei servizi di igiene mentale) e il 18 dicembre 1968 ricevette l’incarico di organizzare i servizi neuropsichiatrici di igiene mentale facenti capo ad ambulatori istituiti nel territorio provinciale di Bologna sotto la competenza dell’Ospedale psichiatrico Roncati: Bazzano, Vergato e Loiano. Come responsabile di una équipe medico-psico-pedagogica seguì anche le scuole elementari della Valle del Reno e del Bazzanese, contribuendo alla chiusura delle scuole speciali e all’eliminazione delle classi differenziali.
Fra il 1970 e il 1972 diresse i nuovi ambulatori di igiene mentale di Casalecchio di Reno e del quartiere Lame (via Marco Polo).
Il 18 gennaio 1972 fu comandato al Centro diagnostico neuropsichiatrico “A” di viale Pepoli a Bologna, di cui ottenne la direzione il 19 luglio; in quell’anno fece anche parte della Commissione regionale per la psichiatria istituita dall’Assessorato alla sanità della Regione Emilia-Romagna.
Nel maggio 1973 si mise in aspettativa (per poi dimettersi da dipendente provinciale di Bologna il 9 novembre 1974) e accettò l’incarico di direttore dell’Ospedale psichiatrico Santa Maria della Scaletta (detto dell’Osservanza) di Imola, allora gestito da un’opera pia, con l’intento di avviare un processo di de-istituzionalizzazione che arrivasse alla chiusura del manicomio stesso (in anticipo sulla futura legge 180 che verrà approvata nel 1978). Quando nel 1986 lasciò l’incarico, l’Ospedale aveva dimezzato i propri pazienti, riducendoli dagli iniziali 1200 a 600.
Negli ultimi dodici anni di vita Cotti continuò a occuparsi di psichiatria e di formazione del personale specializzato, in particolare impegnandosi nella supervisione di alcuni gruppi dell’Opera Padre Marella e dell’Anffas (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità Intellettiva e/o relazionale).
Poco prima di morire cercò di realizzare un centro di ascolto sul disagio psichico in collaborazione con la Confederazione italiana sindacati lavoratori (Cisl) di Bologna e con alcuni infermieri che avevano lavorato con lui in passato, ma il 23 luglio 1998 morì improvvisamente.
 
Francesco Rosa
30/03/2018
 

Bibliografia

Besteghi, L. et al. (a cura di) (2001). Specialista in relazioni umane: l’esperienza professionale di Edelweis Cotti. Bologna: Pendragon.

Fonti archivistiche

Istituzione Gian Franco Minguzzi, Città metropolitana di Bologna, Archivio di Edelweiss Cotti e Archivio della riforma psichiatrica. Censimento della documentazione, a cura di F. Rosa, 2013.
Archivio Storico della Provincia di Bologna, Ufficio Personale, fascicolo personale di Edelweiss Cotti.

Fonte iconografica

Edelweiss Cotti a Imola nel 1983 (Istituzione Gian Franco Minguzzi, Bologna, Archivio di Edelweiss Cotti, b. 3).
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