Minuta di lettera di Giulio Cesare Ferrari al commendator Franceschelli della Direzione generale dell’istruzione superiore presso il Ministero dell’educazione nazionale

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Bologna, 22 giugno 1931

Ill.mo Sig. Commendatore,
Il Prof. De Sanctis, mio ottimo amico, mi spinge a ricorrere a V.S. Ill.ma per un consiglio che mi sta a cuore. Lo faccio quindi e prego anticipatamente di volere imputare al De Sanctis se mi prendo questa libertà.
Da più di 20 anni sono Incaricato dell'insegnamento della Psicologia sperimentale presso la R. Università di Bologna, e siccome dopo il concorso [1] che mise a posto il De Sanctis, Colucci e Kiesow non ci sono stati più concorsi di psicologia, ho creduto mio dovere di prendere parte al concorso attualmente aperto, specialmente per un riguardo alla mia posizione di Incaricato qui.
Ho ragione di ritenere che per lo meno per ragioni di anzianità sarei messo al primo posto nella terna di questo concorso: ma non credo mi converrebbe lasciare Bologna, dove dirigo anche il Manicomio provinciale, per venire a fare il Professore straordinario a Roma.
Ora mi si fa presente che se io mantenessi il mio posto di concorrente e non accettassi poi la eventuale nomina, la Facoltà di Roma potrebbe "non chiamare il secondo", e quindi restando concorrente potrei danneggiare le condizioni dell'insegnamento della Psicologia sperimentale in Italia, cosa che mi rincrescerebbe molto dato che ho sempre lavorato per essa e per essa dirigo da 27 anni questa mia "Rivista di Psicologia". Analogamente danneggerei un giovane che potesse aspirare ad entrare come terzo nella terna.
Ora, se tutto questo fosse vero, io mi ritirerei, non volendo far nulla contro l'insegnamento della Psicologia, né danneggiare un giovane.
Ma naturalmente queste mie ragioni ideali non mi acquisterebbero la riconoscenza di alcuno, perché forse i beneficati dal mio atto potrebbero essere i primi a trovare per esso ragioni ora impensabili.
Ciò che mi consolerebbe, sarebbe l'essere incluso nella Commissione Giudicatrice del Concorso stesso. Che questo non sia impossibile lo desumo dalla curiosa lettera raccomandata che ho ricevuto due giorni sono al mio domicilio personale (!?) e di cui unisco copia.
Ora, invece di chiedere a V.S. Ill.ma un consiglio, io mi permetto addirittura di includere alla presente una risposta in senso affermativo alla domanda rivoltami a nome di S.E. il Ministro, nella quale non dico, naturalmente, ciò che sarebbe il mio desiderio, cioè di essere incluso, se possibile, nella Commissione Giudicatrice del Concorso stesso.
S.V. Ill.ma è libero di presentare o meno la mia lettera, secondo il Suo giudizio che accetto ad occhi chiusi per la grande deferenza verso V.S.
Solo nel caso che V.S. non credesse di presentarla, V.S. dovrebbe essere così gentile di farmi indicare come crede che io debba rispondere a S.E. il Ministro, non potendo io figurare come ineducato tardando ulteriormente a rispondere.
Voglia V.S. Ill.ma accogliere l'espressione dell'ossequio e della riconoscenza del
Suo dev.mo
[Giulio Cesare Ferrari]

[1] Si tratta del concorso del 1906.
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